La condizione: e’ un elemento accidentale del negozio giuridico e cioe’ e’ un elemento che non fa parte necessariamente del negozio giuridico,ma che una volta apposto ne incide sull’efficacia.
Essa consiste in un avvenimento futuro ed incerto da cui dipende la produzione degli effetti giuridici di un negozio o la eliminazione degli effetti gia’ verificati. nel primo caso si ha condizione sospensiva,nel senso che da essa dipende l’efficacia del negozio,nel secondo abbiamo la condizione risolutiva,nel senso che da essa dipende l’eliminazione degli effetti del negozio.
La giurisprudenza romana conosceva sicuramente la condizione sospensiva e distingueva tra condizioni affermative e negative,a seconda cioe’ che gli effetti derivassero dal verificarsi o dal non verificarsi di un avvenimento.
Per quanto riguarda la condizione risolutiva,la dottrina meno recente riteneva che i romani non avrebbero conosciuto la condizione risolutiva,perche’ l’avrebbero intesa come un termine o come un pactum aggiunto ad un negozio precedente che determinava il venir meno degli effetti di quel negozio al verificarsi di un evento futuro ed incerto.
La dottrina piu’ recente invece ha osservato che la condizione risolutiva veniva apposta nei negozi di durata,quelli cioe ’destinati a produrre effetti che durano nel tempo quale ad esempio e’ l’usufrutto che e’ la possibilita’ di utilizzare un bene altrui e in cui l’elemento della durata e’ fondamentale.
In questi tipi di negozio pertanto si e’ proceduto a suo tempo all’apposizione di un termine finale a sua volta legato al verificarsi o meno di un determinato evento.
Un esempio e’ dato dall’usufrutto conferito alla vedova quod nupta non erit,cioe’ fino a quando non si sara’ sposata. allo stesso modo si pensa sia accaduto per le locazioni di cose e i contratti di societa’ quando furono introdotte cause di recesso legate al verificarsi di un evento futuro ed incerto. mano a mano specie per quanto riguarda l’usufrutto,fu la giurisprudenza del i secolo d.c. a riconvertire le condizioni sospensive,originarie e implicite nelle clausole di recesso,oppure inserite in pacta aggiuntivi ai negozi in vere e proprie condizioni risolutive.
Invalidita’ del negozio giuridico
L’invalidita’ e’ una difformita’ del negozio rispetto alla norma giuridica che lo regge.
Il negozio giuridico invalido non produce i suoi effetti e se li ha prodotti questi vengono eliminati.
L’invalidita’ assume due aspetti da tenere ben distinti: la nullita’ e l’annullablita’.
La nullita’ si ha quando manchi uno degli elementi essenziali,mentre l’annullabilita’ si ha quando il negozio ha prodotto o e’ in grado di produrre effetti,ma uno o piu’ dei suoi elementi essenziali e’ viziato. nei casi di nullita’ il negozio non e’ in grado di produrre alcun effetto,mentre nei casi di annullabilita’ gli effetti possono essere stati prodotti e in tal caso, a seguito dell’intervento di chi abbia interesse, sono eliminati ex tunc (dal momento in cui si sono prodotti).
Tale costruzione sistematica e’ patrimonio della dogmatica civilistica moderna. lo ius civile romano,mentre concepiva i negozi giuridici nulli ,non conosceva quelli che noi oggi chiamiamo negozi giuridici annullabili.
Per lo ius civile i negozi giuridici o sono validi oppure sono nulli (inesistenti). tuttavia a seguito dell’intervento del pretore e quindi nell’ambito del sistema dello ius honorarium si ebbero numerosissimi casi in cui il soggetto convenuto dall’attore a seguito di una controversia promossa per ottenere che si riconoscessero gli effetti giuridici del negozio,fosse ammesso a sollevare eccezioni che conducevano il pretore a rendere inefficace l’iniziativa della parte attrice.
Nullita’:
Della nullita’ in qualche modo venne elaborata una teorizzazione da gaio a proposito della stipulatio. la trattazione gaiana fu ripresa dalle istituzioni di giustiniano che definisce inutilis la stipulatio quando ricorrano i seguenti casi:
A) mancanza dell’oggetto,perche’ non esiste,non puo’ esistere,non puo’ esistere,e’ fuori commercio o e’ gia’ dello stipulante;
Promessa di un fatto altrui o promessa a persona diversa dallo sitpulante;
C) risposta che contiene un oggetto diverso da quello nominato nella domanda;
D) stipulatio fatta da soggetto incapace di promettere;
E) sottoposizione a condizione impossibile;
F) stipulazione posta in essere fra assenti,salvo che non vi sia un’attestazione per iscritto;
G) stipulazione che promette un comportamento da tenere dopo la morte delle due parti contraenti;
H) promessa attuale sottoposta alla condizione di verificarsi di un evento futuro;
I) errore sull’oggetto,qualora la risposta sia si congrua ma solo perche’ il debitore ha creduto che cio’ che ha detto fosse in realta’ un altro oggetto;
J) oggetto turpe o illecito.
Annullabilita’:
Il negozio giuridico e’ annullabile quando esso di per se’ sarebbe atto a produrre gli effetti giuridici tipici o li ha gia’ prodotti,ma gli interessati possono invocare i vizi da cui e’ affetto e quindi ottenere che ne sia pronunciata autoritativamente la nullita’,facendo cosi’ cessare gli effetti giuridici di esso e ripristinando la situazione giuridica iniziale.
Questa concezione era ignota all’antico ius civile,il quale non prevedeva e non forniva alcun mezzo per far dichiarare nullo o per invalidare gli effetti di un negozio giuridico esistente. questa rigorosa concezione era dovuta al fatto che i negozi giuridici di ius civile erano nella maggior parte formali. essa subi’ nell’ evoluzione del diritto romano una lenta e progressiva evoluzione attraverso l’intervento del pretore.
Questi non puo’,contro lo ius civile dichiarare sostanzialmente inesistenti negozi giuridici formalmente perfetti,tuttavia fornisce in sede processuale vari mezzi che rendono inefficace l’iniziativa della parte che intende rendere efficace il negozio viziato. tali strumenti consistettero: nella exceptio concessa al soggetto convenuto in giudizio che lamentava l’esistenza del vizio;nel riconoscimento di un’actio nei confronti di chi,avendo adempiuto il negozio chiedeva di essere ristorato dei danni subiti a causa del vizio; nella restitutio in integrum che consiste nel ricondurre i soggetti nella condizione giuridica anteriore alla manifestazione di volonta’ negoziale viziata,impedendo cosi’ il verificarsi degli effetti del negozio giuridico ed eliminandone,se gia’ verificatesi le conseguenze patrimoniali.
La restitutio in integrum e’ un istituto pretorio,e non iuris civilis,che trova la sua fonte nell’imperium del magistrato ed e’ lasciato al potere discrezionale di quest’ultimo.
Il soggetto che vuole invocare un vizio non ha mezzi diretti,ma puo’ solo non eseguire il negozio e attendere che sia convenuto in giudizio,e solo allora potra’ contrastare l’actio.
Successivamente pero’ il pretore nei casi di violenza morale e di dolo concesse anche l’actio a chi si riteneva leso e avesse gia’ eseguito il negozio.
I vizi della volonta’ che determinano l’annullabilita’ sono l’errore,la violenza e il dolo.
Nelle fonti romane non e’ formulata alcuna teoria astratta su tali vizi,ma il pensiero degli antichi giuristi puo’ dedursi dalle loro numerose decisioni di casi concreti.
In questo campo c’e’ una radicale diversita’ tra giuristi classici e giustinianei: i primi sono portati ad attribuire valore predominante ai modi in cui si manifesta la volonta’ e quindi piu’ che ricercare la volonta’ effettiva del soggetto tendono ad interpretare la manifestazione secondo la valutazione oggettiva che essa ha nell’ambiente sociale;i secondi invece tendono a ricercare la volonta’ interiore e quindi a determinare l’intenzione effettiva di chi manifesta la volonta’.
A) errore-vizio: si ha errore vizio,quando il processo interno di formazione della volonta’ negoziale e’ rimasto gravemente influenzato da elementi erronei addotti dall’esterno. l’errore vizio deve essere tenuto distinto dall’errore ostativo e dall’errore motivo. in questi ultimi infatti si ha una divergenza netta tra volonta’ e manifestazione di volonta’ determinata per una falsa rappresentazione della realta’: nel primo caso la manifestazione non corrisponde alla volonta’ (ad esempio scrivo 1000 ma voglio 100);nel secondo caso la dichiarazione e’ stata effettuata in base ad una volonta’ che si e’formata in modo errato e che altrimenti non si sarebbe mai generata. l’errore ostativo e l’errore motivo causano la nullita’,e una traccia di essi la si puo’ trovare nella lettera i dell’elenco giustinianeo della stipulatio inutilis.
Per quanto rigurarda l’errore vizio probabilmente questa figura e’ stata considerata dalla giurisprudenza romana a partire dal ii secolo dopo cristo a proposito dei negozi utilizzati nel diritto delle successioni.
Le istitutiones giustinianee trattano il problema della validita’ del negozio quando questo risulti viziato da metus,da dolo,o da errore concedendo l’eccezione a causa di timore o di dolo o in fatto creata apposta per opporsi all’azione.
Il metus e’ la violenza morale che induce una persona a compiere un’azione contro il proprio volere e consiste in una minaccia che altera la corretta formazione del soggetto. mentre lo ius civile considerava che la volonta’,ancorche’ coartata,comunque vi fosse stata,lo ius honorarium concesse l’exceptio e progressivamente concesse a chi asseriva di essere indotto alla negoziazione dalla violenza,concesse una in integrum restitutio, un’azione e un’eccezione.
Con la restitutio in integrum si ristabiliva la situazione che si aveva prima della violenza.
Con l’actio quod metu causa,intentata da chi,sottoposto a violenza,aveva eseguito il negozio,si infliggeva a chi aveva esercitato la violenza la pena del quadruplo del valore del negozio estorto,se si fosse agito entro l’anno,altrimenti nei limiti del vantaggio ricavato,se si fosse agito successivamente.
Con l’exceptio quod metusa causa si concedeva alla vittima,la quale non avendo dato corso al negozio,fosse stata convenuta in giudizio,di difendersi nella sede processuale,sollevando per l’appunto l’eccezione di essere stato indotto alla conclusione del negozio da una violenza.
Le fonti romane non trattano della violenza fisica,che in se’ conduce alla nullita’ in quanto manca del tutto qualsiasi volonta’.
C) il dolo consiste in un inganno che induce un soggetto in errore e lo determina a stipulare un negozio che,se fosse mancata l’azione ingannatrice,egli non avrebbe posto in essere.
La definizione classica del dolo,secondo ulpiano e’ da riferire a labeone.
Al pari della violenza il dolo e’ irrilevante per lo ius civile,ma anche per esso la giurisprudenza individuo’ mezzi di tutela per il raggirato che consistevano sostanzialmente nell’actio doli e nell’exceptio doli. la prima,esperita da chi avendo adempiuto ad un negozio agiva per ottenere il ristoro del pregiudizio subito,la seconda,concessa al convenuto per l’adempimento consentiva a questi di potersi difendere.
L’obbligazione
L’obbligazione,secondo la concezione giuridica moderna e’ una relazione giuridica, tutelata dal diritto,in virtu’ della quale un soggetto ha il dovere di eseguire una prestazione in favore di un altro soggetto il quale ha il diritto di pretenderla. il primo e’ il debitore e il secondo e’ il creditore.
Una prima definizione di obligatio e’ ricavabile da un brano di paolo,nel quale viene riportato che “la sostanza delle obbligazioni non consiste nel fatto di rendere nostro un qualche oggetto o fare nostra una servitu’,ma nel costringere l’altro a darci,o a farci,o a garantire (qualcosa)”.
Da cio’ emerge una netta contrapposizione tra diritti reali,che fanno nostro qualcosa, e le obbligazioni,che si presentano nella loro mera coercibilita’ obbligando l’altro a dare,fare (facere),garantire (praestare) qualcosa.
Il dare consiste nel trasferimento della proprieta’ o di un diritto garantendone il pieno godimento. il facere consiste invece nel compiere una determinata attivita’,e si parla anche di non facere di astenersi cioe’ dal compiere un’azione. infine abbiamo il praestare,che consiste nell’assumere una garanzia.
Un’altra definizione sulla natura dell’obbligazione e’ quella fornita da gaio,secondo il quale “obligatio est iuris vinculum quo necessitate adstringimur alicuius solvendae rei secundum nostare civitatis iura.” gli elementi dell’obbligazione sono pertanto: il vinculum iuris,e cioe’ il rapporto obbligatorio in se’ considerato;la necessitas solvendi e cioe’ la coercibilita’ dell’obbligazione;o la giuridicita’ e cioe’ la derivazione dell’obbligazione dall’ordinamento della civitas.
Oggetto dell’obbligazione e’ la prestazione,la quale sta ad indicare il comportamento cui il debitore e’ obbligato. la prestazione deve essere possibile, lecita e determinata. la possbilita’ deve essere fisica e giuridica. l’impossibilita’ soggettiva riguardante il solo debitore fu progressivamente inquadrata come mera difficultas in grado di non impedire l’obbligazione;la liceita’ e’ invece data dall’impossibilita’ di adempiere ad una obbligazione avente come oggetto un atto illecito. la determinatezza implica la divisione tra obbligazioni alternative (con cui il debitore si liberava eseguendo una delle prestazioni previste) e generiche (indicate solo dal genus,per cui la giurisprudenza si impegno’ ad individuare il contenuto minimo di tali prestazioni). le obbligazioni possono essere divisibili (prestazione cioe’ divisibile tra quanti dovessero compierla o quanti dovessero riceverla) e indivisibili (in cui il diritto di
Richiedere l’intero obbligo deriva dalla natura della prestazione o dalla volonta’ delle parti);solidali (vincolo per il quale in presenza di piu’ debitori ognuno e’ tenuto per l’intero e non pro quota) e parziarie (ognuno e’ tenuto per la propria parte o quota). le obbligazioni solidali a loro volta possono essere cumulative quando hanno la loro fonte nel delitto o elettive quando sono ex contracto. infine ci sono le obbligazioni naturali,svincolate cioe’ dalla coercibilita’ ma che una volta eseguite non sono piu’ ripetibili.
Evoluzione storica delle obbligazioni:nel diritto romano antico le obligtiones derivavano da determinati rapporti giuridici configurati come tali dallo ius civile e da determinati atti illeciti.
Con il progressivo evolversi della societa’ romana venne accordata dal pretore la difesa giudiziale anche a rapporti non contemplati come obligationes dallo ius civile.
Alcuni storici ritengono che la prima forma di obligatio sarebbe stata quella derivante dal delitto. altri storici ritengono invece che l’ obbligatio sia derivata da forme contrattuali. in generale,nell’eta’arcaica,i romani non avrebbero conosciuto l’idea astratta di obligatio e per loro obligatio sarebbe stata la situazione di assoggettamento fisico della persona del debitore al creditore. la natura di un tale vincolo e’ rinvenibile nei nexi,nei vades e nei praedes. il termine nexus sta ad indicare colui che e’ assoggettato con il proprio corpo all’esecuzione della prestazione,ovvero all’esecuzione della pena corporale.
Questa forma di assoggettamento personale venne abolita dalla lex poetelia papiria de nexis del 326 a.c. la quale stabilisce che i beni del debitore e non il corpo dovessero essere soggetti al credito.
Da cio’ si e’ dedotto che il nexum era un atto librale con cui si poteva vincolare il proprio corpo a garanzia di una prestazione. i vades garantivano la comparizione di un soggetto in giudizio ed erano utilizzati sia nelle legis actiones,sia nei processi penali .
Inizialmente erano una sorta di ostaggi.
Tra iii e ii secolo a.c. il loro vincolo si trasformo’ nel senso di rendere possibile una quantificazione della garanzia che questi potevano prestare e che poteva essere riscattata versando una somma di denaro. i praedes erano garanti che intervenivano nella legis actio sacramenti in rem,per garantire a colui che aveva vinto la causa la restituzione della cosa o dei frutti nel frattempo maturati.
Essi dovevano inoltre garantire la summa sacramenti,cioe’ la somma dovuta all’erario dalla parte soccombente.
Erano frequentemente garantiti dai praedes anche gli appalti pubblici.
Circa la natura del vincolo,anticamente esso consisteva in un asservimento materiale.
Il rapporto di garanzia si costituiva con la domanda del magistrato che chiede se il soggetto volesse fare da garante. la risposta all’interrogazione era “praes sum”.
La prima obligatio giuridicamente intesa derivante da convenzioni tra privati fu la sponsio. essa consisteva in una domanda verbale rivolta da un soggetto ad un altro soggetto di promettere di dare una somma o una cosa determinata o di compiere una determinata attivita’ cui seguiva contestualmente la congrua risposta affermativa dell’ interrogatio.
La forma piu’ antica riportata da gaio consisteva nella domanda: “dari spondis?” Cui segue contestualemente la risposta: “spondeo”.
Dal concepimento della domanda e della risposta sorgeva tra l’interrogante e il rispondente un’obligatio,in forza della quale il secondo era tenuto a dare una cosa e a tenere un determinato comportamento in favore del primo, che aveva la facolta’ di pretendere l’adempimento,tutelato da un’actio iuris civilis.
Lo schema verbale domanda del creditore-promessa del debitore faceva si che la sponsio potesse essere utilizzata anche per stipula di una garanzia.
La sponsio si estingueva con un atto formale e contrario ad esso simmetrico,che era l’acceptilatio. in epoca arcaica comportamenti obbliganti e quindi obbligazioni derivarono anche da rapporti quali il prestito non formale di diritto o altri beni non fungibili,i prestiti.
L’illecito come fonte di obbligazione:
Il comportamento illecito genera obbligazioni perche’ chi e’ risultato danneggiato deve essere risarcito da chi e’ ritenuto colpevole dalla condotta illecita.
Nel periodo piu’ antico, dal delitto privato non nasceva una obligatio,in quanto esso dava luogo alla vendetta personale dell’offeso che si svolgeva entro i limiti,dapprima posti dal costume,e quindi successivamente dall’autorita’ pubblica.
Ad esempio in caso di furtus manifestus compiuto da un servo,questo veniva fustigato e ucciso.
Successivamente,con la costituzione della civitas,la vendetta assume le forme della talio (mutilazione) e della manus iniectio. ancora in questa forma non e’ possibile parlare di obligatio,in quanto il delitto espone il colpevole alla vendettadell’offeso.
Da questa fase primitiva si passa alla composizione volontaria,nel senso che il colpevole puo’ sottrarsi alla vendetta e al taglione pagando una composizione convenzionale all’offeso.
L’ammontare di questa composizione costituiva la pena che l’offeso creditore poteva pretendere,e a questo punto sorgeva l’obligatio. come garanzia a cio’ veniva dato in ostaggio il colpevole o un terzo. (noxa)
Successivamente a tale regime di composizione volontaria si sostituisce quella legale,imposta dallo stato,il quale ricollega all’atto illecito l’obbligo di pagare all’offeso e in tal modo l’obbligazione da delitto si configura come espressione di ius puniendi e necessita’ di risarcire la persona offesa.
Quest’ultima poteva esperire la legis acito sacramenti in personam e in caso di soccombenza o mancata esecuzione della condanna del convenuto,poteva ottenere la manus iniectio su di esso.
Famiglia
Familia: termine che indica sia l’insieme delle persone unite da vincoli di parentela sia il patrimonio di cui e’ titolare il pater. il legame di parentela si basa sulla discendenza da una madre sposata con un padre noto
Cognatio: e’ il rapporto di parentela che deriva dalla nascita dalla propria madre e dal padre noto. la discendenza continuata da padre a figlio a nipote ecc. genera una parentela in linea retta. la parentela fra figli di piu’ fratelli nati dallo stesso padre genera la parentela in linea collaterale
Adgnatio: e’ il rapporto che intercorre tra il pater familias e tutti coloro che sono sottoposti alla sua patria potestas,nonche’ fra coloro che ne sono sottoposti
Poteri del pater familias: il pater esercita la patria potestas su tutti i suoi sottoposti,i quali pertanto sono alieni iuris. la patria potestas e’ in origine un potere assoluto che comprende ius vitae et necis (diritto di vita e di morte);ius vendendi (diritto di vendere schiavo il filius familiae in territorio straniero);ius noxae dandi (diritto di cedere ad altri il filius familias per liberarsi dalle conseguenze di un atto illecito da questo commesso);il diritto di cedere il figlio al creditore con il nexum,come garanzia fino all’adempimento;ius exponendi (diritto di esporre il filius familias neonato,perche’ cresca con chi vuole prenderselo). la patria potestas col passare del tempo fu progressivamente limitata. sono soggetti alla patria potestas oltre ai figli anche moglie,servi e tutti coloro che venivano assoggettati ad una persona in virtu’ di negozi a garanzia di crediti (nexi addicti,vades,praedes).
Status di figlio: ilfiglio e’ soggetto alla patria potestas. per quanto riguarda l’esercizio dei diritti civili,la titolarita’ dei negozi compiuti dal filius e’ sempre del pater,e dello stesso sono anche i guadagni.
Il matrimonio del figlio e’ soggetto all’autorizzazione del pater e la moglie diviene soggetta alla potestas del suocero. i figli,pur essendo alieni iuris hanno pero’ il pieno esercizio dei diritti politici,e quindi partecipano ai comizi,votano,possono essere eletti alle magistrature e compiono il servizio militare percorrendo gli stessi gradi. alla morte del pater i figli,sia maschi che femmine, si dividono l’eredita’ ed i maschi diventano a loro volta patres familias sui iuris. i figli possono essere sciolti dal vincolo di soggezione nei confronti del pater attraverso l’emancipatio.
L’emancipazione: e’ l’istituto mediante il quale il figlio ottiene di essere svincolato dalla soggezione alla patria potestas. in base ad una delle dodici tavole il figlio poteva liberarsi dal padre se questo lo avesse venduto per tre volte. probabilmente la norma indicava la forma con la quale doveva aver luogo l’emancipazione e cioe’ padre cedeva il figlio con la forma della mancipatio ad un pater familias di sua fiducia che poi manometteva. questa formalita’ si ripeteva per altre due volte e l’emancipato usciva dalla famiglia.
L’adozione: l’adozione e’ un atto in virtu’ del quale una persona viene assoggettata alla patria potestas. secondo gaio l’adoptio poteva avvenire in due modi:davanti all’assemblea popolare o ricorrendo all’autorita’ del magistrato. nel primo caso si ha l’adrogatio,attraverso la quale un cittadino romano maschio e sui iuris davanti ai comizi curiati presieduti dal pontefice massimo accosentiva a divenire filius di un pater familias. solitamente cio’ avveniva da parte di coloro che,rimasti senza eredi,sceglievano in tal modo la famiglia a cui lasciare il proprio patirmonio. la seconda forma di adozione riguardava la persona alieno iuris subiecta sia maschio che femmina la quale venuta meno la patria potestas del padre naturale poteva essere reclamata da una persona quale proprio figlio. e se nessuno contraddiceva tale affermazione,il magistrato dichiarava che il reclamante era il padre dell’adottato.
Conventio in manum: con tale termine si indica l’assunzione delle donne sotto la manus di un cittadino romano: la manus indica il potere che il pater esercita sulla propria moglie,o su quella dei figli se questi vivono con lui. tale potere poteva spingersi fino all’esercizio di vita e di morte che solitamente era riconosciuto per punire i casi di aborto e infanticidio. e pertanto era finalizzato a tutelare le nascite e le finalita’ della filiaizione. le fonti riportano tre modi di convenctio in manum: confarreatio,coemptio,usus.
La confarreatio consisteva in una cerimonia religiosa,alla presenza di dieci testimoni a giove farreo. la coemptio consisteva nella mancipatio della donna alla presenza di cinque testimoni,mediante la quale si trasferiva la donna al marito;l’usus era l’istituto con cui il marito,dopo un anno di matrimonio acquisiva ipso iure la mano sulla donna. la moglie poteva impedire che si verificasse la conventio in manum allontanandosi dal marito ogni anno per tre notti. queste tre forme di conventio in manum vanno tenute distinte dall’istituto del matirmonio. infatti il matrimonio ha la finalita’ di creare la societa’ coniugale,mentre la conventio in manu ha la finalita’ di far entrare la donna in una familia sotto la patria potestas del capo di questa. il matrimonio dipende dalla persistenza della volonta’ dei coniugi,mentre la conventio in manu,una volta costituita e’ indipendente dal perdurare della volonta’ della donna.
Scioglimento conventio in manum:
La confarreatio veniva sciolta dalla diffarreatio che era un atto uguale e contrario alla confarreatio. invece la manus acquisita con la coempito o con l’usus,inizialmente non si poteva estinguere,mentre successivamente pote’ estinguersi al pari della modalita’ estintiva della patria potestas,e cioe’ con l’emancipatio. l’emancipazione delle filiae familias era piu’ semplice di quella ordinaria,in quanto era sufficiente una sola vendita al fiduciario.
Pertanto mentre la diffarreatio rappresentava una forma di divorzio,l’emancipatio comportava la caducazione del matrimonio. queste forme costituivano di fatto modalita’ di scioglimento del matrimonio. in eta’ arcaica il divorzio basato sulla semplice volonta’ di continuare la vita coniugale era osteggiato dalla coscienza sociale.
Matrimonio:
Nell’eta’ arcaica il matrimonio era considerato come un’unione monogamica stabile e destinata alla procreazione di una filiazione stabile e legittima. la donna era soggetta alla manus del marito che veniva costituita con la conventio in manum. lo scioglimento del matrimonio in eta’ arcaica e’ riferito allo scioglimento del vincolo potestativo creato dalla manus. tale vincolo potestativo poteva venir meno attraverso la diffrreatio,che scioglieva la confarreatio o l’emancipatio che faceva venir meno la manus costituita con la coemptioe l’usus. invece il divorzio basato sulla semplice volonta’ di non continuare la vita coniugale era osteggiato in eta’ arcaica.
Emancipatio:
E’ l’istituto con il quale il filius si scioglie dalla patria potestas e consiste nella successione di tre mancipationes ognuna delle quali seguita dalla manumissio del terzo fiduciario. l’emancipatione della donna per lo scioglimento della manus derivante da coemptio e usus avveniva attraverso una sola mancipatio e manumissio.
Persone in causa mancipi:
Erano i figli familias e chi si fossero mancipati. essi infatti potevano essere alienati dal pater familias ad un terzo,mediante mancipatio per ottenere in cambio denari o altri beni,per liberarsi dall’ obbligo risarcitorio per danni,per dare una garanzia al debito contratto o per concedere il sottoposto come forza lavoro. in questi ultimi due casi era necessario aggiungere alla mancipatio anche un patto,fondato sulla fides,attraverso il quale,adempiuto il debito o finito il tempo di lavoro la persona in mancipio ritornasse nella potesta’ del cedente.
Le dodici tavole fissarono il limite delle vendite a tre. un’altra forma di mancipio era quella collegata alla noxae deditio,cioe’ la consegna materiale del reo al danneggiato. la condizione originariamente era quella dei servi fin quando non si affermo’ che un cittadino potesse essere servo a roma.
Tutela:
Istituto in base al quale viene limitata la capacita’ dispositiva di una persona sui iuris e affidata ad un terzo l’amministrazione e la gestione del suo patrimonio. destinatari della tutela sono: gli impuberi e le donne anche se puberi. i tutori possono essere legittimi,testamentari,dativi.
Gli impuberi (pupilli) erano coloro che non avevano raggiunto la puberta’,e cioe’ la capacita’ di procreare. secondo le 12 tavole il tutore leggittimo era l’adgnato proximus,e cioe’ il parente il linea maschile piu’ vicino. il tutore testamentario veniva nominato dal pater nel testamento. con l’evoluzione dei costumi all’atto della morte spesso si verifico’ che il marito concedesse per testamento che la moglie si scegliesse un tutore. tali tutori vennero definiti optivi,appunto perche’ scelti.
Lo scopo della tutela originariamente non era quello di proteggere l’impubero o la donna,ma soprattutto quello di tutelare l’interesse patrimoniale della famiglia. il tutor legittimus poteva trasferire i suoi poteri ad un estraneo mediante in iure cessio,mentre cio’ non poteva farlo il tutor testamentario perche’ nella sua funzione prevaleva l’elemento della protezione del sottoposto. inizialmente il tutore,oltre a gestire e amministrare il patrimonio,ne era anche il titolare,anche se si trattava di una proprieta’ funzionale,in funzione cioe’ del mantenimento e della gestione del patrimonio del tutelato. la gestione doveva basarsi sulla fides e quindi il tutore era ritenuto responsabile di comportamenti negativi. inoltre il patrimonio del pupillo era nettamente separato da quello del tutore.
Con l’evoluzioen dei tempi la tutela muliebre si ando’ affievolendo e si trasformo’ in una auctoritatis interpositio nel senso cioe’ che la donna compiva gli atti e il tutore manifestava il suo assenso dichiarando di esserne autore. tale situazione invece non poteva verificarsi per la tutela degli impuberi,a causa della loro effettiva incapacita’ di saperesi amministrare. contro la cattiva amministrazione del tutore venivano accordate due azioni: l’actio rationibus distrahendi che si poteva esercitare contro il tutore legittimo e l’accusatio per il crimen suspecti tutoris,da esercitarsi contro il tutore testamentario.
Curatela:
E’ l’istituto in base al quale viene limitata la capacita’ di disporre alle persone le cui condizioni di salute non consentono un’adeguata amministrazione del patrimonio,che pertanto viene affidata ad un terzo che assume la denominazione di curatore. destinatari della curatela erano il furiosus (malato di mente) e il prodigus (colui che scialacquava il patrimonio familiare). per quanto riguarda i furiosi,la gestione della curatela,oltre al mantenimento dei beni (definiti con il termine pecunia),si deve occupare anche della sua salute. la curatela spettava agli adganti proximi,o in mancanza di questi ai gentiles. nei casi di prodigalita,affinche’ si esercitasse la curatela,era necessaria la preventiva interdictio del prodigo che, in tal modo diveniva incapace di produrre atti giuridici.
Il curator si doveva occupare del patrimonio con potere di amministrazione e gestione,analoghi a quelli del tutor. la curatela del furiosus era ampia, con l’esclusione degli atti strettamente personali come adrogatio ed emancipatio,mentre la curatela del prodigus esplicava la sua funzione limitatamente agli atti per i quali il sottoposto alla curatela era divenuto incapace.
Gens:
E’ una collettivita’ di pari che non si identifica piu’ in un capo vivente,ma in un capostipite lontano nel tempo,di cui si conserva il nome. l’indicazione della gens costituisce un modo di conservazione dell’identita’ del gruppo.
Populus romanus:
Il termine che indica la collettivita’ romana non va confuso con il moderno concetto di stato. nell’eta’ arcaica durante la monarchia,l’entita’ del popolo si trova riunita nella figura del rex,il quale e’ l’unico soggetto cui facevano capo gli interessi collettivi. nel periodo repubblicano emergono i concetti di civitas e di populus romanus. la civitas e’ la collettivita’ che si riconosce nei magistrati che esprimono la volonta’ collettiva;il popolus romanus intende esprimere il complesso dei cittadini considerati come una formazione unitaria. in tal senso civitas e populus costituiscono gli elementi fondamentali di un soggetto assimilabile ad una persona giuridica di diritto pubblico cui si imputano atti gestionali formali quali le leggi e i trattati internazionali.
I beni:
Nella classificazione che opera gaio si distinguno cose che sono nel nostro patrimonio e cose che ne sono tenute fuori;cose corporali,non corporali;cose mancipi e nec mancipi. per quanto riguarda il primo aspetto gia’ nell’eta’ arcaica si distinguevano le cose oggetto di un dominium esclusivo (la proprieta’) e le cose oggetto di possessio.
Tale distinzione era evidente soprattutto a proposito dei fondi,nel senso che c’erano terreni di proprieta’ individuale e sui quali il pater esercitava il proprio dominio e fondi liberamente utilizzabili dagli appartenenti ad una determinata gens che erano posseduti,ma non con un dominium esclusivo.
Le cose corporali erano quelle che si potevano toccare con mano,le incorporali quelle che non si potevano toccare tipo obbligazioni,diritti ecc.
Le res mancipi erano i beni estremamenti importanti per l’economia agricola del tempo,quali fondi,servi,animali da tiro e da soma,mentre le res nec mancipi erano i beni meno importanti dal punto di vista economico. le res mancipi si trasferivano o con il mancipium,o con la in iure cessio,mentre le res nec mancipi si trasferivano con la traditio,e cioe’ con la semplice consegna.
Forme giuridiche di utilizzazione della terra:
In epoca arcaica la proprieta’ esclusiva della terra era riferita a piccole porzioni. accanto ad essa sussistevano forme giuridiche di utilizzazione impostate soprattutto sul possesso o sul godimento del bene,che erano le seguenti:
Ager publicus: derivante dalle proprieta’ collettive delle gentes e incrementato dalle terre conquistate ai nemici vinti,sul quale il privato aveva diritto di godimento.
Proprieta’ collettiva:
Si trattava di pascoli e boschi utilizzati in modo collettivo dalle gentes nel senso che gli appartenenti a esse mandavano i propri animali a pascolare o a cogliere i frutti e tagliare la legna.
Ager compascuus:
Veniva utilizzato per il pascolo collettivo da coloro che abitavano sugli appezzamenti confinanti.
Ager scripturarius:
Destinato a pascoli ma accessibile dietro pagamento dello scriptum,cioe’ di una somma.
Ager occupaturius:
Occupato da chi era autorizzato dal senato. l’occupatio era destinata agli appartenenti alla classe senatoria.
Ager quaestorius:
Si tratta di terre conquistate assegnate dai quaestores. tali terre facevano parte dell’ager publicus,e l’assegnazione avveniva dietro pagamento di un canone annuale. i destinatari avevano il diritto di utilizzazione.
Successivamente la riscossione del canone fu passata ai pubblicani e cioe’ a finanzieri che appaltavano l’esazione anticipando all’erario una somma inferiore al gettito previsto.
Ager vectigalis:
Terra data in affitto dai censori dietro pagamento di un vectigal.
Tutti gli utilizzatori delle terre di proprieta’ pubblica pur non diventando proprietari,ne acquisivano il possesso che era tutelato nei confronti di chi avesse turbato il pacifico godimento dell’ager.
La tutela era attuata con gli interdicta dei pretori.
La proprieta’:
E’ il dominio incontrastato del pater familias sulla cosa. in esso convergono due elementi: la potesta’ di poter disporre del bene e il poter difenderlo contro le turbative,o di riottenere la cosa contro lo spoglio.
Il dominium non era un potere illimitato, in quanto non era consentita la reazione individuale contro il terzo che si fosse impossessato del bene,ma occorreva fare ricorso all’autorita’ promuovendo la legis actio sacramenti in rem. man mano poi si vennero a porre limiti all’utilizzazione del bene,sia per soddisfare interessi generali,sia per tutelare i diritti degli altri proprietari.
Consorzio ereditario:
In base ad esso ciascuno era considerato proprietario dell’intero patrimonio ereditario e dell’intero di ciascun bene che lo costituiva. pertanto ognuno poteva disporre dei beni ereditati come se fosse proprietario di tutto. questa impostazione fu modificata dai giuristi classici,i quali ritennero che non ci potesse essere una proprieta’ in solido.
Modi di acquisto della proprieta’:
Possono distinguersi due categorie di modi d’acquisto della proprieta’: i modi di acquisto a titolo originario e i modi di acquisto a titolo derivativo. si ha acquisto a titolo originario quando la proprieta’ si acquista in base ad un rapporto immediato con la cosa indipendentemente da un rapporto giuridico con altri soggetti. si ha acquisto a titolo derivativo quando l’acquisto si svolge in base ad un rapporto con un altro soggetto,e pertanto la proprieta’ si trasferisce da un sogetto ad un altro.
Modi di acquisto a titolo originario:uno dei piu’ importanti modi d’acquisto a titolo originario era l’acquisizione dei beni dei nemici attraverso il saccheggio per i beni mobili e l’acquisizione delle terre per i beni immobili. chi acquisiva la titolarita’ dei beni era il popolo romano,tuttavia i singoli patres familias potevano diventare titolari della proprieta’ di alcune porzioni con datio e adsignatio,quando partecipavano alla fondazione di colonie o con l’assegnazione viritiana,indipendentemente dalla formazione di una colonia.
Un altro modo d’acquisto era l’occupatio delle res nullius,cioe’ delle cose appartenenti a nessuno. tale modo riguardava soprattutto le cose mobili,quali animali selvatici,o le res delerictae (abbandonate),ma poteva riguardare anche le cose immobili come nel caso dell’insula in flumine nata,e cioe’ l’isola costituita naturalmente dai detriti trascinati dall’acqua.
Modi d’acquisto a titolo derivativo:
Si fa riferimento al trasferimento di un bene da un soggetto ad un altro. al riguardo bisogna distinguere tra res mancipi e nec mancipi. le prime si trasferivano con due negozi solenni: la mancipatio,la in iure cessio,i secondi con la traditio, che consisteva nella consegna materiale del bene. c’era infine un quarto modo di’acquisto,l’usucapione, costituito dall’uso continuativo del bene per un certo tempo (un anno beni mobili,due anni beni immobili).
Mancipatio:
E’ un negozio giuridico solenne con il quale si trasferisce la proprieta’ di una res mancipi da un soggetto ad un altro. tale negozio si svolgeva con la seguente procedura: alla presenza di cinque testimoni e di un portatore di bilancia (libripens) tutti i cittadini romani puberi,l’acquirente (mancipio accipiens),davanti all’alienante (mancipio dans), tenendo il bene pronunciava la formula con cui dichiarava che quel bene era suo secondo il diritto dei quiriti e che veniva comprato con il bronzo pesato sulla bilancia. il mancipio dans non pronunciava nessuna formula fissa. se il bene era mobile veniva portato sul luogo del negozio,se era immobile si portava una parte simbolica di esso. il mancipium oltre a trasferire il bene garantiva all’acquirente il suo pieno godimento. infatti il mancipio dans era obbligato a garantire il godimento del bene,per cui,se un altro avesse reclamato la proprieta’ del bene,egli avrebbe dovuto difendere in giudizio la posizione del mancipium accipiens. in caso contrario o in caso di soccombenza in giudizio il mancipio dans era tenuto a corrispondere il doppio del prezzo. tale garanzia era chiamata auctoritas e l’azione per conseguire il doppio del prezzo era chiamata actio auctoritatis e veniva esercitata nelle forme della legis actio sacramenti in personam entro il termine previsto per il compimento dell’usucapione.
Con il tempo la mancipatio,che costituiva uno scambio di cosa contro prezzo,venne utilizzata ogni volta che si voleva utilizzare uno scambio,come nel caso delle donazioni,della costituzione di dote,o della creazione di una garanzia.
Il mancipium poteva essere utilizzato anche al fine di ottenere un risultato diverso dallo scambio di una cosa contro prezzo. questo risultato poteva consistere nello scopo di conservare tutto o parte del proprio patrimonio,o in uno scopo di garanzia all’interno di un istituto chiamato fiducia. essa poteva avvenire cum amico o cum creditore: nel primo caso si trafseriva il bene con l’impegno da parte dell’acquirente di restituire il bene una volta venute meno le ragioni dell’alienazione;nel secondo caso veniva costituita col trasferimento del bene una garanzia per il creditore,con l’impegno che questi,una volta estinto il debito, restituisse il bene all’alienante.
La in iure cessio:
E’ un negozio giuridico solenne con cui si attua il trasferimento di una res manicpi da un soggetto ad un altro. il negozio si compiva con la seguente procedura:
Acquirente e alienante si recavano davanti all’autorita’ (inizialmente il rex,poi il magistrato),portando il bene da trasferire o una sua parte simbolica come se dovessero compiere una vindicatio.
Mentre l’acquirente rivendicava il bene come proprio,secondo il diritto dei quiriti,l’alienante faceva un passo indietro,significando in tal modo da non aver nulla da obiettare. in tal modo l’autorita’ pronunciava l’aggiudicazione all’acquirente.
Traditio:
E’ un negozio giuridico mediante il quale si trasferisce la proprieta’ di una res nec mancipi da un soggetto ad un altro,attraverso la semplice consegna del bene. in seguito fu richiesta dalla traditio una iusta causa per il trasferimento del dominium.
Usucapione:
E’ un modo d’acquisto della proprieta’ del bene attarverso l’uso che di tale bene si fa protratto per un tempo fissato dalla legge. gli elementi fondamentali dell’usucapione sono pertanto il possesso del bene ed il decorso di tempo. per l’acquisto dei beni immobili era sufficiente l’usus di due anni,mentre per le altre cose bastava l’usus di un solo anno. per l’usus non era richiesta una particolare giustificazione;tuttavia l’usucapione non poteva avvenire nec vim nec clam,nel senso che era escluso che l’uso violento o clandestino potesse portare all’usucapione del bene.
Tutela del possesso:il possessore e’ cioe’ colui che a prescindere dal dominium ha comunque un titolo per godere e utilizzare un certo bene che era tutelato con gli interdicta,e cioe’ con ordini dell’autorita’ diretti a vietare o a far cessare gli atti di turbativa.
Servitu’ prediali:
Consiste nel peso imposto sopra un fondo (denominato servente) per l’utlita’ di un altro fondo (dominante) appartenente a diverso proprietario,in virtu’ del quale il fondo dominante si avvantaggia della limitazione che subisce il fondo servente. tra le res mancipi c’erano le strade e le condotte d’acqua che erano utili,l’uno per il transito delle persone e degli animali e le altre per condurre l’acqua nelle proprie terre. nel diritto arcaico le servitu’ erano trattate come beni e quindi considerate nella loro materialita’,per cui colui che si serviva di esse poteva esperire la legis actio sacramenti in rem. come le altre res mancipi,le servitu’ prediali potevano essere acquistate mediante mancipatio e usucapione attraverso l’usus.
Attorno la meta’ del terzo secolo i giuristi romani configurarono le servitu’ non piu’ come proprieta’ di quei beni,ma come titolarita’ del diritto di attraversare il fondo altrui per poter utilizzare al meglio il proprio fondo.
Successione
Periodo arcaico
E’ un istituto in base al quale una persona vivente subentra nei rapporti giuridici inerenti ad una persona defunta. la disciplina giuridica della successione si propone di tutelare un triplice interesse: quello della volonta’ espressa dal singolo in ordine alla destinazione del patrimonio dopo la sua morte;l’interesse dei vari componenti della famiglia,l’interesse del contesto sociale attese le conseguenze che derivano dalla destinazione del patrimonio.
La successione puo’ essere legittima o testamentaria. la prima e’ devoluta secondo la legge,la seconda secondo l’atto di volonta’ del testatore. l’una e’ incompatibile con l’altra,per cui se il defunto ha compiuto il testamento,gli eredi saranno soltanto quelli designati da lui come tali,e solo se manca il testamento si apre la cosiddetta successione intestata,in base alla quale sono eredi quelli che la legge indica. in caso di successione testamentaria,se il testatore non ha disposto per tutti i beni,i beni per i quali non ha disposto vengono destribuiti tra gli eredi testamentari. si e’ posto il problema se sia intervenuta prima la successione testamentaria o quella intestata. in mancanza di fonti non si puo’ propendere con certezza per l’una e l’altra soluzione,ed e’ da ritenere che la successione si sia presentata fin dall’inizio come un problema unitario derivante dalla necessita’ di utilizzare la volonta’ del singolo,gli interessi dei componenti della famiglia e le esigenze del contesto sociale. i due sistemi probabilmente esistevano sin dall’epoca risalente e cio’ e’ testimoniato anche dalle 12 tavole (laddove l’ordine dei successibili ab intestato inizia con le parole “si intenstato moritur”).
L’hereditas,e cioe’ il complesso dei beni e dei rapporti giuridici attivi e passivi del defunto che pervengono ad un vivente in forza del suo titolo di erede, e’ tutelabile allo stesso modo in cui si tutela la proprieta’ e cioe’ attraverso la legis actio sacramenti in rem. cio’ rese anche possibile il trasferimento dell’eredita’ da parte dell’erede ad altri mediante la in iure cessio hereditatis. in tal modo l’acquirente la rivendicava davanti al magistrato come propria,mentre l’erede faceva un passo indietro e il magistrato pronunciava l’addictio attraverso la quale si aveva l’assegnazione dell’eredita’ all’acquirente,il quale aveva ottenuto la convalida della vindicatio.
In epoca arcaica si potevano avere le seguenti ipotesi di acquisto:
A) il cedente era un successore intestato ma non suus heres e non aveva ancora preso possesso del suo patrimonio ereditario: in tal modo con la in iure cessio egli trasferiva all’acquirente il proprio titolo per l’acquisto del patrimonio ereditario che veniva quindi acquistato dal cessionario con la rivendica e la immissione in possesso;
Il cedente aveva gia’ preso possesso dell’eredita’;in questo caso la in iure cessio valeva solo per ciascun bene per il quale era stata fatta,mentre l’eredita’ anche se privata di tutti i beni,rimaneva all’erede cedente,il quale restava quindi esposto per i debiti ricompresi nell’eredita’;
C) l’erede testamentario cede l’eredita’ prima dell’accettazione: in questo caso la in iure cessio e’ nulla;
D) cedente suus heres,filius in potestate:la giurisprudenza era divisa circa la possibilita’ che egli potesse avvalersi o meno della in iure cessio.
I beni rientranti nella successione venivano considerati in modo unitario nel senso che l’erede diveniva titolare in blocco di tutti i rapporti giuridici del defunto (esclusi quelli non trasmessibili attivi e passivi). agli eredi trapassavano percio’ non solo le attivita’ patrimoniali,ma anche le passivita’,cioe’ i debiti del defunto. anche in presenza di una pluralita’ di successori ciascuno subentrava nell’intero patrimonio del de cuius anche se,da una certa epoca in poi pro quota.
Patrimonio:
E’ l’insieme dei rapporti attivi e passivi aventi contenuto economico facenti capo ad una stessa persona. nell’eta’ arcaica esso veniva indicato con il termine familia pecuniaque. il patrimonio era quindi composto sia dai beni economici,sia dai vincoli obbligatori attivi e passivi,con eccezione di quelli non trasmissibili per il loro carattere personale e di quelli derivanti da delitto. nel concetto di patrimonio erano ricompresi anche i sacra familiaria,mentre non rientravano in esso i rapporti di patronato eccetto che per i figli.
Successione legittima:
E’ quella devoluta secondo legge. e’ detta anche intestata,in quanto mancando il testamento essa e’ regolata secondo la legge. in base alla legge la successione e’ diretta all’heres suus,e cioe’ al discendente in potestate.
Il suus heres e’ quindi la persona che eredita, sottoposta alla patria potestas o alla manus del de cuius. la categoria dei sui heredes comprende i filii familias e le filiae familias,sia naturali,adrogati,adottati,nonche’ la moglie e le mogli dei figli sottoposti alla manus del de cuius.
In mancanza di un heres suus la successione va devoluta all’adgnatus proximus,e in mancanza di questo ai gentiles. va precisato che adgnates e gentiles non sono qualificati come heredes e cio’ comporta che,mentre il suus heres diventa immediatamente titolare del patrimonio ereditario nel momento della morte del de cuius,gli altri lo diventano solo al momento dell’accettazione,accompagnata dall’acquisizone dei beni ereditati. inoltre, mentre in presenza di sui heredes questi erano uniti nel consortium ercto non cito,gli altri potevano costituire una comunione ereditaria solo attuando un’apposita legis actio. il consortium ercto non cito era quindi la comunione che sorgeva automaticamente tra i sui heredes e nella quale tutti erano titolari del patrimonio pro quota. la comunione ereditaria familiare poteva essere sciolta promuovendo l’actio familiae erciscundae. nel caso in cui ci fosse una pluralita’ di sui heredes,ed uno di questi premoriva al de cuius,in tal caso la sua quota ereditaria veniva attribuita ai propri eredi (successioni per stirpi).
La differenza tra heres suus e gli altri successori quindi si rifletteva anche nella situazione in cui ci fosse stata la premorienza di chi acquisiva l’eredita’ rispetto al testatore. infatti,come abbiamo visto, in caso di premorienza di uno dei sui heredes si faceva luogo alla successione per stirpi,e cioe’ si procedeva all’attribuzione della quota spettante al premorto agli eredi di quest’ultimo;mentre invece in caso di premorienza tra gli adgnati proximi ,aveva luogo la successione per capita,e cioe’ la quota spettante al premorto veniva divisa tra i superstiti (addictio). infine a proposito dell’eredita’ devoluta agli adgnati e ai gentiles sorgeva il problema dell’eredita’ giacente.
Hereditas iacens:
Con il termine di eredita’ giacente si designa il complesso dei beni ereditari nell’intervallo tra delazione (designazione)e adizione (accettazione/manifestazione volonta’ del designato di acquistare il titolo). durante tale intervallo poteva avvenire che l’insieme dei beni fosse usucapito e al riguardo era sufficiente un anno di usus. se invece venivano usati i singoli beni facenti parte dell’eredita’,l’usucapione avveniva nelle forme normali 1 anno per i beni mobili,2 anni per i beni immobili. l’usucapione poteva avvenire anche in mala fede,e cio’ indusse i giuristi classici a definire tale forma, improba. probabilmente la finalita’ era quella comunque di garantire una successione e sollecitare in questo modo i designati ad accelerare la presa di possesso dei beni in modo da garantire i creditori e l’assolvimento degli obblighi per i sacra familiaria.
Quindi,a seguito di hereditas iacens,si puo’ avere:
Usucapio pro herede,cioe’ quell’istituto in virtu’ del quale nell’intervallo tra la delazione e l’adizione delle’eredita’,rimanendo quest’ultima giacente il terzo che se ne appropria diventa proprietario del patrimonio ereditario dopo il possesso ininterrotto di un anno. se invece il possesso ininterrotto riguardava i singoli beni facenti parte del patrimonio ereditario,l’usucapione avveniva secondo le regole generali: 1 anno per i beni mobili;2 anni per i beni immobili. la funzione dell’usucapio pro herede era quella di accelerare l’accettazione dell’eredita’ e al tempo stesso garantire la funzione economica del patrimonio impedendo l’estinzione dei sacra familiaria e permettendo ai creditori dell’ereditando di sapere a chi rivolgersi per chiedere l’adempimento.
L’usucapio pro herede poteva avere applicazione anche nel caso in cui l’adgnatus proximus non esercitasse il potere d’acquisto. in questo caso infatti,esclusa la successio graduum,l’adgnatus proximus che non esercitava il potere d’acquisto,impediva agli altri adgnati di grado successivo di procedere all’acquisto. ma questi ultimi,proprio con l’usucapio pro herede,potevano prendere possesso del patrimonio.
Mancando gli adgnati subentravano i gentiles,ma questa norma,gia’ in eta’ rpeubblicana avanzata risulta desueta.
Successione testamentaria:
Si ha quando il de cuius indica i destinatari dell’eredita’. in eta’ arcaica erano conosciuti 4 tipi di testamento: calatis comitiis,in procintu,per aes et libram,mancipatio familiae. fino al tempo delle dodici tavole se esisteva l’heres suus non poteva essere nominato erede un estraneo. successivamente quando si sara’ diffuso il testamento per aes et libram la mancipatio familiae sara’ entrata nell’uso comune sulla base dell’interepretatio pontificale,ed il testatore potra’ fare ricorso all’exeredatio,cioe’ ad una dichiarazione con cui egli toglieva ad uno o a tutti i suoi heredes questa qualita’ per istituire eredi chi volesse.
I quattro tipi di testamento:
Testamentum calati comitiis:
E’ la forma piu’ antica di testamentum;consisteva nella designazione del proprio erede davanti ai comizi curiati che si riunivano due volte l’anno. tale tipo di testamento e’ stato posto in relazione alla’drogatio,nel senso che com
E all’adrogatio un soggetto sui iuris entrava come filius nella famiglia di un altro ,altrettanto un soggetto sui iuris assumeva lo stato di filius del testatore ma con efficacia dal momento della morte di quest’ultimo.
Testamento in procintu:
Veniva compiuto davanti l’esercito schierato,pronto per attaccare battaglia. secondo alcuni studiosi si trattava di una variante del testamento calati comitiis. secondo altri studiosi invece serviva non a conferire lo status di suus heres,ma a destinare singoli beni (legati).
Testamento mancipio familiae:e’ una forma testamentaria utilizzata inizialmente per aggirare le difficolta’ del testamento calati comitiis e di quello in procintu. essa era modulata sulla forma della mancipatio,e quindi il testatore trasferiva la familia (cioe’ il patirmonio) ad un fiduciario chiamato familiae emptor il quale,dopo la morte del mancipante doveva trasferire i beni alle persone individuate dal testatore,quindi si trattava di un negozio inter vivos,i cui effetti,e cioe’ il trasferimento del patrimonio all’emptor, avevano inizio dal momento della morte del mancipio dans,che puo’ pertanto considerarsi un termine iniziale. l’emptor era incaricato fiduciariamente di trasmettere dopo la morte del mancipante i beni a date persone preventivamente indicategli dal testatore.
Testamentum per aes et libram:
Tale forma testamentaria costituisce una evoluzione della mancipio familiae. a differenza di quest’ultima non c’e’ piu’ il trasferimento del patrimonio al familiae emptor ma il de cuius, attraverso la nuncupatio (che puo’ essere orale o scritta su tavolette segrete), designa gli eredi ai quali sara’ trasferito direttamente il patrimonio alla morte del testatore. con tale sistema nell’epoca successiva alle 12 tavole e grazie anche all’interpretatio pontificale si pervenne all’istituzione d’erede da parte del testatore che ancora non era l’istituzione di erede che ci sara’ nel periodo preclassico e classico,in quanto mancava ancora la possibilta’ di pretermettere i sui heredes. infatti al tempo delle dodici tavole,se c’era un heres suus,non poteva ereditare un estraneo,ne’ in presenza di piu’ heredes ui,l’ereditando poteva favorire uno a dannao degli altri.
Solo successivamente,quando l’intepretazione pontificale fece ricorso all’exeredatio,cioe’ alla solenne dichiarazione del pater familias,di voler estromettere uno o tutti gli heredes sui per istituire chi voleva,si giungera’ alla vera e propria istituzione di erede.
Le procedure giudiziali
Il processo arcaico:
La conoscenza del processo arcaico e’ dovuta principalmente alle istituzioni di gaio,che illustrano le legis actiones.
Le legis actiones:
Gaio fornisce la spiegazione del termine legis actiones dicendo che esse si chiamano cosi’ sia perche’ sono state introdotte da leges,sia perche’ le parole che dovevano essere pronunciate nello svolgimento di tali procedure ripoducevano quelle delle leggi e dovevano essere esattamente ripetute,pena la pardita della lite.
Le legis actiones erano le procedure attraverso le quali un titolare di diritto soggettivo poteva ottenere il riconoscimento e l’affermazione del proprio diritto.
Secondo quanto ci tramanda gaio le leges actiones erano cinque: la legis actio sacramentum;legis actio per iudicis arbitrive postulationem;legis acito per condictionem;legis per manus iniectionem;legis actio per pignoris capionem.
Le prime tre erano forme di giudizio cognitivo;le ultime due invece erano invece forme di esecuzione di una decisione pronunziata o di un diritto gia’ accertato. nelle prime tre leges actiones l’attivita’ del magistrato si limita a constatare che le parti svolgano le formalita’ previste e pronunzino determinate dichiarazioni. se l’affermazione dell’attore non e’ contrastata,questi e’ sicuramente riconosciuto titolare del diritto da lui dichiarato,altrimenti se c’e’ la dichiarazione contrastante del convenuto il magistrato procede alla nomina di un giudice privato che dovra’ decidere sulla controversia. nella valutazione delle prove il giudice romano gode della piu’ampia liberta’,e la sua decisione consiste in una pronuntiatio e cioe’ nella pronuncia che dichiara chi ha asserito il vero.
Chi giudica,senza creare nulla ex auctoritate sua,deve semplicemente verificare se cio’ che e’ stato riferito e’ cosi’ oppure no. la pronuncia finale non e’ quindi un comando autoritativo,eppure la pronuncia e’ vincolante. il che fa pensare che in epoca risalente il cittadino a cui favore si era risolta la lite poteva riprendersi per conto suo la cosa che gli spettava o,in caso di actio in personam,procedere direttamente contro la parte soccombente o la persona che era stata indicata a garanzia del suo credito.
Chi dava i la qualificazione giuridica ai fatti dedotti in giudizio e suggeriva alle parti il modo in cui esporre nella maniera piu’ corretta quanto sostenuto,inizialmnete dovette essere il collegio pontificale,ed in tal modo ha inizio l’attivita’ di interpretazione delle norme.
In generale il processo iniziava con una ius vocatio,e cioe’ con una intimazione al convenuto di comparire in iure e cioe’ davanti al magistrato che esercitava la iurisdictio. all’attore era consentito l’impiego della forza per trascinare il convenuto che non lo volesse innanzi l’autorita’. al convenuto era peraltro concesso di ricorrere ad un vindex che ne garantisse la comparizione o rispondesse di quanto dovuto dall’assente. poi si passava al dibattimento formale (fase in iure) davanti al rex o al magistrato.
Probabilmente nel primo periodo questa autorita’ avra’ pronunciato la decisione. successivamente si introdusse il ricorso ad una seconda fase di giudizio,dinanzi ad un organo di valutazione scelto dalle parti (giudice o arbitro o collegio dei decemviri).
La fase in iure si chiudeva con la determinazione dell’oggetto della lite. questo momento viene indicato con il termine di litis contestatio.
Legis actio sacramenti:
La procedura delle legis actiones sacramenti era la seguente: l’attore ed il convenuto facevano affermazioni solenni e contrastanti dei diritti davanti al magistrato. quindi procedevano al sacramentum e cioe’ alla scommessa compiuta davanti al magistrato con la quale le parti si impegnavano a pagare una somma da versare all’erario in caso di soccombenza. gaio definisce questa actio generalis,nel senso che poteva essere fatta valere per qualsisasi diritto soggettivo,e distingue l’actio sacramenti in rem e l’actio sacramenti in personam. la prima aveva come oggetto l’affermazione di un diritto reale su una cosa,la seconda aveva come oggetto il diritto di obbligazioni nei confronti del convenuto. nell’actio in rem l’attore con una festuca afferrava la cosa o parte di essa e pronunciava una formula solenne con cui affermava il suo diritto. se il convenuto non replicava era sufficiente l’affermazione dell’attore,il quale in tal modo poteva appropriarsi della cosa;se invece il convenuto dichiarava con le stesse formalita’ il proprio diritto su una cosa seguiva la scommessa.
Quest’ultima, in caso di soccombenza, comportava il pagamento di una somma di 50 e 500 assi,a seconda che il valore del bene fosse inferiore o superiore a 1000 assi. il pretore assegnava il possesso della cosa ad uno dei due contendenti ordinando all’altro di dare una garanzia ed entrambe le parti poi dovevano fornire garanzie per il pagamento del sacramentum. il pretore quindi procedeva alla nomina del giudice, che era un privato cittadino ,il quale poteva essere scelto dalle parti. doveva essere simile anche il procedimento della legis actio sacramenti in personam,con la differenza che mentre nell’actio in rem c’erano una dichiarazione dell’attore ed una dichiarazione uguale e contraria del convenuto,nell’actio in personam si aveva da parte dell’attore l’affermazione di un diritto e da parte del convenuto la sua negazione. questa circostanza induce a ritenere che la tutela dei diritti di obbligazione sia nata dopo quella dei diritti reali ve questo perche’ in epoca remota il creditore si garantiva preventivamente l’adempimento facendosi dare dal proprio debitore o una garanzia reale-(beni o bestie-oppure una garanzia personale - figli o servi - in maniera che,mancando l’adempimento,si potesse direttamente soddisfare. per le obbligazioni nascenti da delitto,il danneggiato inizialmente si soddisfaceva o attraverso un componimento privato o con il ricorso alla vendetta.
Esauritasi la fase in iure davanti al magisrato,si aveva la fase successiva davanti al giudice che si concludeva con una pronuncia su chi avesse asserito il vero. probabilmente il vincitore in caso di actio in rem si appropriava materialmente della cosa,mentre in caso di actio in personam ,qualora il condannato fosse stato indampiente,trascorsi trenta giorni poteva esercitare la manus iniectio.
Legis actio per iudicis arbitrive postulationem:
Con tale legis actio si aveva la possibilita’ di agire senza poena,nel senso che il magistrato procedeva all’assegnazione del giudice senza bisogno che le parti ricorressero al sacramentum. secondo gaio tale legis actio era accordata solo incasi tassativamente fissati dalla legge. gaio fa tre esempi: quando tra le parti era intervenuta una stipulatio;nel caso di richiesta di divisone del patrimonio ereditario;nel caso di scioglimento di una comunione.
La presenza di tale azione,fa presumere che in passato il giudizio davanti al magistrato fosse unico sia nella fase in iure che in quella in iudicio.
Legis actio per condictionem:
Tale legis actio,inbtrodotta dalal lex silia e dalla lex calpurnia, riguardava i crediti aventi una somma certa di denaro o una cosa determinata. la procedura era la seguente: l’attore,nella fase in iure, dichiarava al convenuto che questi era debitore di una certa somma o di una certa cosa e gli chiedeva se ammetteva cio’ o lo negava. se l’avversario diceva che non era obbligato l’attore lo invitava formalmente a presentarsi nuovamente davanti al pretore dopo 30 giorni per l’assegnazione del giudice. probabilmente questa actio servi’ a tutelare sine poena crediti diversi da quelli nascenti dalla stipulatio.
Legis actio per manus iniectionem:
E’ considerata dagli studiosi come un’azione esecutiva,che si applicava in determinati casi previsti dalla legge. uno di questi era indicato dalle 12 tavole come esecuzione del giudicato. l’attore che aveva ottenuto in giudizio la condanna del convenuto e questi non avesse adempiuto,trascorsi trenta giorni dal giudicato dichiarava di compiere la manus iniectio e contestualmente trascinava il convenuto davanti al magistrato. dopo aver solennemente affermato il suo delitto e la mancata soddisfazione da parte del convenuto,l’attore compie la manus iniectio e afferra materialmente una parte del corpo del debitore. se non interveniva un vindex che contestasse l’operato del vincitore,esponendosi in caso di sconfitta al pagamento del doppio,l’attore poteva condurre presso di se’ il debitore e tenerlo per 60 giorni,durante i quali lo poteva condurre per tre mercati diversi alla ricerca che qualcuno estinguesse il debito;altrimenti lo vendeva come schiavo o lo uccideva. gaio riferisce che la lex publilia e la lex furia introdussero la manus iniectio senza bisogno di alcun giudizio per lo sponsor che avesse pagato nell’interesse del debitore principale e non fosse stato rimborsato e per lo sponsor nei confronti di colui al quale avesse pagato una somma maggiore di quella dovuta. in questi casi si parla di manus iniectio pura,per distinguerla da quella pro iudicato.
Altre leggi che ammettevano la manus iniectio erano la lex furia testamentaria,che concededeva la manus iniectio,contro colui che aveva percepito come legato una somma superiore a quella prevista dalla legge e la lex marcia,che concedeva la manus iniectio contro i finanziatori di imprese marittime che avessero costretto a pagare una somma superiore a quella dovuta.
Legis actio per pignoris capionem:
E’ considerata dagli studiosi come un’azione esecutiva e consisteva nell’esecuzione sui beni del debitore senza bisogno di un giudicato. tale azione era concessa in casi particolari relativamente a rapporti pubblici o religiosi. (ai soldati per il loro soldo,contro chi avesse comprato un animale per destinarlo ad un sacrificio e non avesse pagato il prezzo,a favore dei pubblicani contro i contribuenti morosi). questa procedura sembra essere scomparsa piuttosto presto. secondo gli studiosi doveva trattarsi di uno strumento di carattere coercitivo per costringere il debitore ad adempiere. non si sa’ con precisione cosa accadeva dopo che il pegno era stato preso. probabilmente il creditore si soddisfaceva sul pegno o trattenendolo per se’ o vendendolo per soddisfarsi sul ricavato.
Leggi in materia di legis actiones:
Lex silia:
Introdusse una legis actio per condictionem a tutela dei crediti aventi come oggetto una somma certa di denaro.
Lex calpurnia:
Introdusse una legis actio per condictionem a tutela di crediti aventi come oggetto una cosa determinata.
Lex publilia:
Concedeva allo sponsor che avesse pagato nell’interesse del debitore principale di compiere su questo la manus iniectio.
Lex furia de sponsu:
Concedeva allo sponsor,obbligato insieme ad altri a pagare per quota un debito,di compiere la manus iniectio contro colui che lo avesse costretto a pagare una somma superiore a quella prevista.
Lex furia testamentaria:
Concedeva la manus iniectio contro colui che aveva percepito come legato una somma superiore a quella prevista dalla legge.
Lex marcia:
Concedeva la manus iniectio contro i finanziatori di imprese marittime che avesse costretto a pagare una somma superiore a quella dovuta.
Agere per sponsionem:
Era un rimedio che utilizzava nel processo uno schema contrattuale. la sua finalita’ era quella di superare la rigidita’ delle leges actiones e consentiva la tutela delle obbligazioni con prestazioni non determinate e quindi non tutelabili con la condictio. la procedura era la seguente: l’attore si faceva promettere dal convenuto,mediante la sponsio,il pagamento di una somma di denaro,se avesse dimostrato che la sua presenza era fondata. la somma sponsionis poteva essere preiudicalis se era promessa solo dal convenuto o poenalis se promessa da entrambe le parti.
Passaggio dalle legis actiones al processo formulare
Gaio, dopo aver descritto le singole leges actiones,aggiunge che esse vennero in odio essendo considerate troppo pesanti per l’ eccessivo formalismo. esse pertanto furono progressivamente superate dal processo per formulas che gaio definisce per concepta verba.
Dapprima fu emanata la lex aebuzia che rese possibile l’utilizzazione alternativa dlel’uno o dell’altro processo. poi la lex iulia iudiciorum privatorum del 17 a.c. stabili’ che le legis actiones venissero sostituite dal processo formulare,ad eccezione della legis actio damni infecti e delle actiones davanti al tribunale dei centumviri per la rivendicazione di eredita’ o l’impugnazione del testamento inofficioso. probabilmente l’evoluzione storica fu lenta e il passaggio dalle legis actiones al processo formulare fu contrassegnato da fasi intermedie caratterizzate dalla possibilita’ concessa al creditore di compiere la manus iniectio contro il debitore senza bisogno di giudizio,la cosiddetta manus iniectio pura e dall’operativita’ della legis actio per condictionem che aveva formalita’ semplici. infine un rimedio per superare la rigidita’ delle leges actiones fu quello dell’agere per sponsionem.
Tali strumenti servivano a conferire rapidita’ e snellezza alla tutela dei diritti evitando il sacramentum ed eliminando i formalismi rigidi. tuttavia gli schemi delle legis actiones si rivelarono insufficienti alle nuove esigenze,anche perche’ vincolati ai mores,alle dodici tavole e alle altre leggi e si imposero pertanto le nuove procedure per formulas che dapprima si affiancarono alle legis actiones e poi le sostituirono.
Infatti l’esigenza di rapidita’ e sicurezza di tutela di obbligazioni riferite a prestazioni incerte di dare,fare,non fare richiedeva un tipo di processo piu’ agile e sicuro. in tale contesto un contributo determinante all’introduzione del nuovo sistema processuale fu dato dal praetor peregrinus. tale figura di magistrato fu istituita nel 242 a.c. con il compito di giudicare le liti tra peregrini o tra cittadini romani e peregrini.
Ma va detto anche che,gia’ prima il praetor urbanus aveva cominciato ad utilizzare la iurisdictio anche nei confronti dei peregrini,dapprima facendo ricorso alla ficito civitatis e poi,attraverso lo strumento dell’editto introducendo i primi elementi del processo formualare.
E’ molto probabile che l’affermazione del processo formulare sia dovuta soprattutto allo ius dicendi che si manifestava con l’emanazione dell’editto pretorio attraverso il quale venivano fissati i criteri generali applicabili in tutti i casi rientranti nelle ipotesi previste dai magistrati.
L’editto aveva vigore per l’anno in carica del pretore ma evidentemente di anno in anno si tramandavano e consolidavano gli elementi centrali dei diversi provvedimenti. in tal modo si venne formando lo ius honorarium costituito dagli editti dei pretori,i quali avevano la loro base sull’imperium.
La funzione principale del praetor era infatti lo ius dicere e cioe’ quella di porre i principi giuridici in base ai quali dovevano essere risolte le singole controversie private, svolgendo nel contempo tutte le attivita’ necessarie per la costituzione del iudicium (mentre invece la sentenza spettava al giudice,di solito scelto dalle parti).
L’editto era il provvedimento,basato sull’imperium, con cui il pretore dava comunicazione,(dapprima in forma orale,e poi scritta) dei criteri ai quali egli si sarebbe attenuto nell’esercizio della sua iurisdictio.
Accanto ai pretori urbanus e peregrinus c’erano gli edili curuli che erano competenti per le controversie nascenti sui mercati riguardo ai quali avevano la competenza. nelle province la giurisdizione era affidata ai governatori.
Struttura del processo formulare:
Il processo formulare,al pari di quello delle leges actiones si svolgeva in due parti: la fase in iure e la fase in iudicio.
Nella fase in iure,tuttavia,il magistrato non svolgeva un compito meramente passivo e formale,come avveniva in precedenza,consistente nel constatare che le parti compissero tutti gli atti solenni per poi procedere alla nomina del giudice,ma aveva un ruolo molto attivo. egli infatti esaminava il contenuto ed il fondamento della controversia,valutando se il diritto affermato dall’attore fosse degno o meno di difesa giudiziale. quindi,in base a questa valutazione concedeva o negava l’actio. inoltre,quando concedeva l’azione fissava nella formula le richieste delle parti,indicando i punti di fatto e di diritto che il giudice doveva esaminare ed accertare.
La formula si presentava come un sillogismo posto al giudice che sostanzialmente era cosi’ espresso: se risultavano veri i fatti esposti nella demonstratio e risultavano fondate le pretese giuridiche espresse nella intentio ,il giudice doveva condannare il convenuto a favore dell’attore,altrimenti assolverlo.
Il processo formulare mette in rilievo anche la volonta’ delle parti,le quali dopo l’emissione della formula compivano la litis contestatio,e cioe’ si accordavano sulla formula e sulla persona del giudice. ovviamente se il convenuto si rifiutava andava incontro a conseguenze negative.
Si distinguevano due tipi di processo: iudicia legitima e iudica imperio continentia.
I primi si avevano in presenza di questi tre requisiti: svolgimento del processo a roma,cittadinanza romana delle parti,cittadinanza romana del giudice.
In tali iudicia era richiesto che il giudice pronunciasse la sentenza entro 18 mesi dal rilascio della formula.
Nei iudicia imperio continentia,invece,la sentenza doveva essere pronunciata entro il periodo del mandato del magistrato.
Le actiones esercitabili nel processo formulare erano elencate nell’editto pretorile e corrispondevano ciascuna ad una situazione giuridica soggettiva che poteva trovare fondamento sia nello ius civile che honorarium.
Le actiones erano tipiche e tuttavia il magistrato in base al suo imperium ne poteva introdurre di nuove per la tutela di una pretesa non prevista.
Le fonti del diritto
A proposito delle fonti del diritto e’ necessario preliminarmente distinguere tra ius civile e ius honorarium. con il primo termine si intende il complesso di norme derivanti dai mores,dalle leges e dai plebisciti;con il secondo termine si intende indicare il complesso degli istituti e delle situazioni che, pur non trovando regolamentazione in norme dello ius civile,hanno avuto attraverso l’attivita’ giurisdizionale del pretore una stabile tutela processuale.
Nell’ambito dello ius civile il posto preminente e’ occupato dal prodotto dell’attivita’ deliberante dell’assemblea popolare. quest’ultima esprime infatti lo iussum populi. tale prodotto e’ costituito in primo luogo dalle dodici tavole che rappresentavano una consolidazione del diritto di epoca regia e al tempo stesso la codificazione dei diritti soggettivi costituenti lo stato di cittadini della repubblica. completano la fonte legislativa le leges publicae,e cioe’ le leggi comiziali e i plebisciti.
Accanto alle leggi c’erano i mores,e cioe’ le consuetudini che rappresentavano la voluntas del popolo espressa in forma tacita. le consuetudini non erano altro che comportamenti continui e costanti tenuti da tempo immemorabile considerati dalla societa’ come necessari e obbligatori. i prodotti di tali fonti erano poi vivificati dall’interpretatio prudentium.
La conoscenza del diritto inizialmente e’ di pertinenza del collegio pontificale e quindi appannaggio delle classi dominanti. successivamente si afferma la giurisprudenza laica.
L’interpretatio prudentium e’ direttamente collegata allo sviluppo dello ius honorarium che poggia soprattutto sull’attivita’ giurisdizionale del pretore.
La lex licinia sextia de praetore creando aveva conferito al pretore,che era subalterno del console, la funzione della iurisdictio inter cives. la iurisdictio consiste nel trarre dal fatto portato a conoscenza del magistrato l’essenza giuridica dei diritti che si vogliono affermare o contestare. nello scioglimento del suo ufficio il pretore non si limito’ ad applicare solo la disciplina prevista dalle leggi,ma quando riteneva meritevole di tutela una situazione che non rientrava nelle fattispecie disciplinate dai mores e dalle leggi,provvedeva egli stesso a definire una formulazione giuridica. cio’ lo faceva nei singoli processi,nell’ambito dell’attivita’ cognitiva (fase in iure),ma anche attraverso l’esercizio dello ius edicendi,utilizzando cioe’ l’editto. quest’ultimo era un provvedimento,basato sull’imperium,con cui il pretore esprimeva e comunicava i criteri ai quali egli si sarebbe attenuto nell’esercizio della sua iurisdicitio,ponendo in tal modo i principi giuridici in base ai quali dovevano essere risolte le singole controversie private.
In questo modo accanto allo ius civile si forma lo ius honorarium,costituito dall’attivita’ di coloro che rivestono una carica magistratuale,soprattutto pretorile. nello sviluppo delle fonti del diritto e’ rilevante anche l’opera svolta dai giuristi con la loro attivita’ professionale i cui contenuti possono essere sintetizzati nei tre verbi: respondere,cavere,agere. il primo indica l’attivita’ consultiva su questioni proposte da privati o magistrati;il secondo indica l’attivita’ di predisposizione di schemi contrattuali;il terzo fa riferimento all’assistenza fornita a coloro che intervenivano nel processo come parti.
Tra i giuristi piu’ importanti si possono citare appio claudio cieco,gneo flavio (che divulgo’ i formulari pontificali delle legis actiones),sesto elio (autore dei tripertita,primo testo di giurisprudenza organica che conosciamo),manio manilio.
Repressione criminale
La repressione criminale in epoca remota e’ espressione del diritto sacrale,in quanto il comportamento illecito turba il rapporto tra l’umanita’ e gli dei. chi ha commesso un delitto va condannato perche’ ha violato la pax deorum e come tale ha violato l’interesse dell’intera collettivita’. il compito della punizione e’ attribuito dapprima al re,e poi al magistrato.
I reati minori sono espiati con il piaculum,cioe’ un’offerta di sacrificio. mentre i reati gravi esigono che il reo risponda con la propria persona e pertanto la pena e’ inflitta con la sacratio capitis. in eta’ arcaica e’ il re che provvede in forza del suo imperium. dopo la caduta della monarchia e’ il popolo riunito nei comizi a giudicare i crimini. in prosieguo di tempo ci si rende conto che e’ opportuno che debbano essere degli specialisti a decidere sulla condanna e vengono pertanto istituiti dei tribunali stabili,con giurie presiedute da un magistrato,che svolgono le funzioni dei processi comiziali e sono indicate con il nome di quaestiones perpetue. le quaestiones trattano dei diversi reati e quindi si ha ad esempio la quaestio dei sicariis et veneficiis per giudicare degli omicidi e degli avvelenamenti;la quaestio per duellionis per l’alto tradimento;la quastio falsi contro i falsi pubblici;la quaestio peculatis contro l’appropriazione indebita del denaro pubblico ecc.
Passaggio dalle legis actiones al processo formulare
Gaio, dopo aver descritto le singole leges actiones,aggiunge che esse vennero in odio essendo considerate troppo pesanti per l’ eccessivo formalismo. esse pertanto furono progressivamente superate dal processo per formulas che gaio definisce per concepta verba.
Dapprima fu emanata la lex aebuzia che rese possibile l’utilizzazione alternativa dell’uno o dell’altro processo. poi la lex iulia iudiciorum privatorum del 17 a.c. stabili’ che le legis actiones venissero sostituite dal processo formulare,ad eccezione della legis actio damni infecti e delle actiones davanti al tribunale dei centumviri per la rivendicazione di eredita’ o l’impugnazione del testamento inofficioso. probabilmente l’evoluzione storica fu lenta e il passaggio dalle legis actiones al processo formulare fu contrassegnato da fasi intermedie caratterizzate dalla possibilita’ concessa al creditore di compiere la manus iniectio contro il debitore senza bisogno di giudizio,la cosiddetta manus iniectio pura e dall’operativita’ della legis actio per condictionem che aveva formalita’ semplici. infine un rimedio per superare la rigidita’ delle leges actiones fu quello dell’agere per sponsionem.
Tali strumenti servivano a conferire rapidita’ e snellezza alla tutela dei diritti evitando il sacramentum ed eliminando i formalismi rigidi. tuttavia gli schemi delle legis actiones si rivelarono insufficienti alle nuove esigenze,anche perche’ vincolati ai mores,alle dodici tavole e alle altre leggi e si imposero pertanto le nuove procedure per formulas che dapprima si affiancarono alle legis actiones e poi le sostituirono.
Infatti l’esigenza di rapidita’ e sicurezza di tutela di obbligazioni riferite a prestazioni incerte di dare,fare,non fare richiedeva un tipo di processo piu’ agile e sicuro. in tale contesto un contributo determinante all’introduzione del nuovo sistema processuale fu dato dal praetor peregrinus. tale figura di magistrato fu istituita nel 242 a.c. con il compito di giudicare le liti tra peregrini o tra cittadini romani e peregrini.
Ma va detto anche che,gia’ prima il praetor urbanus aveva cominciato ad utilizzare la iurisdictio anche nei confronti dei peregrini,dapprima facendo ricorso alla fictio civitatis e poi,attraverso lo strumento dell’editto introducendo i primi elementi del processo formualare.
E’ molto probabile che l’affermazione del processo formulare sia dovuta soprattutto allo ius edicendi che si manifestava con l’emanazione dell’editto pretorio attraverso il quale venivano fisssati i criteri generali applicabili in tutti i casi rientranti nelle ipotesi previste dai magistrati.
L’editto aveva vigore per l’anno in carica del pretore ma evidentemente di anno in anno si tramandavano e consolidavano gli elementi centrali dei diversi provvedimenti. in tal modo si venne formando lo ius honorarium costituito dagli editti dei pretori,i quali avevano la loro base sull’imperium.
La funzione principale del praetor era infatti lo ius dicere e cioe’ quella di porre i principi giuridici in base ai quali dovevano essere risolte le singole controversie private, svolgendo nel contempo tutte le attivita’ necessarie per la costituzione del iudicium (mentre invece la sentenza spettava al giudice,di solito scelto dalle parti).
L’editto era il provvedimento,basato sull’imperium, con cui il pretore dava comunicazione,(dapprima in forma orale,e poi scritta) dei criteri ai quali egli si sarebbe attenuto nell’esercizio della sua iurisdicito.
Accanto ai pretori urbanus e peregrinus c’erano gli edili curuli che erano competenti per le controversie nascenti sui mercati riguardo ai quali avevano la competenza. nelle province la giurisdizione era affidata ai governatori.
Struttura del processo formulare:
Il processo formulare,al pari di quello delle leges actiones si svolgeva in due parti: la fase in iure e la fase in iudicio.
Nella fase in iure,tuttavia,il magistrato non svolgeva un compito meramente passivo e formale,come avveniva in precedenza,consistente nel constatare che le parti compissero tutti gli atti solenni per poi procedere alla nomina del giudice,ma aveva un ruolo molto attivo. egli infatti esaminava il contenuto ed il fondamento della controversia,valutando se il diritto affermato dall’attore fosse degno o meno di difesa giudiziale. quindi,in base a questa valutazione concedeva o negava l’actio. inoltre,quando concedeva l’azione fissava nella formula le richieste delle parti,indicando i punti di fatto e di diritto che il giudice doveva esaminare ed accertare.
La formula si presentava come un sillogismo posto al giudice che sostanzialmente era cosi’ espresso: se risultavano veri i fatti esposti nella demonstratio e risultavano fondate le pretese giuridiche espresse nella intentio ,il giudice doveva condannare il convenuto a favore dell’attore,altrimenti assolverlo.
Il processo formulare mette in rilievo anche la volonta’ delle parti,le quali dopo l’emissione della formula compivano la litis contestatio,e cioe’ si accordavano sulla formula e sulla persona del giudice. ovviamente se il convenuto si rifiutava andava incontro a conseguenze negative.
Si distinguevano due tipi di processo: iudicia legitima e iudica imperio continentia.
I primi si avevano in presenza di questi tre requisiti: svolgimento del processo a roma,cittadinanza romana delle parti,cittadinanza romana del giudice.
In tali iudicia era richiesto che il giudice pronunciasse la sentenza entro 18 mesi dal rilascio della formula.
Nei iudicia imperio continentia,invece,la sentenza doveva essere pronunciata entro il periodo del mandato del magistrato.
Le actiones esercitabili nel processo formulare erano elencate nell’editto pretorile e corrispondevano ciascuna ad una situazione giuridica soggettiva che poteva trovare fondamento sia nello ius civile che honorarium.
Le actiones erano tipiche e tuttavia il magistrato in base al suo imperium ne poteva introdurre di nuove per la tutela di una pretesa non prevista.
Le fonti del diritto
A proposito delle fonti del diritto e’ necessario preliminarmente distinguere tra ius civile e ius honorarium. con il primo termine si intende il complesso di norme derivanti dai mores,dalle leges e dai plebisciti;con il secondo termine si intende indicare il complesso degli istituti e delle situazioni che, pur non trovando regolamentazione in norme dello ius civile,hanno avuto attraverso l’attivita’ giurisdizionale del pretore una stabile tutela prcoessuale.
Nell’ambito dello ius civile il posto preminente e’ occupato dal prodotto dell’attivita’ deliberante dell’assemblea popolare. quest’ultima esprime infatti lo iussum populi. tale prodotto e’ costituito in primo luogo dalle dodici tavole che rappresentavano una consolidazione del diritto di epoca regia e al tempo stesso la codificazione dei diritti soggettivi costituenti lo stato di cittadini della repubblica. completano la fonte legislativa le leges publicae,e cioe’ le leggi comiziali e i plebisciti.
Accanto alle leggi c’erano i mores,e cioe’ le consuetudini che rappresentavano la voluntas del popolo espressa in forma tacita. le consuetudini non erano altro che comportamenti continui e costanti tenuti da tempo immemorabile considerati dalla societa’ come necessari e obbligatori. i prodotti di tali fonti erano poi vivificati dall’interpretatio prudentium.
La conoscenza del diritto inizialmente e’ di pertinenza del collegio pontificale e quindi appannaggio delle classi dominanti. successivamente si afferma la giurisprudenza laica.
L’interpretatio prudentium e’ direttamente collegata allo sviluppo dello ius honorarium che poggia soprattutto sull’attivita’ giurisdizionale del pretore.
La lex licinia sextia de praetore creando aveva conferito al pretore,che era subalterno del console, la funzione della iurisdictio inter cives. la iurisdictio consiste nel trarre dal fatto portato a conoscenza del magistrato l’essenza giuridica dei diritti che si vogliono affermare o contestare. nello scioglimento del suo ufficio il pretore non si limito’ ad applicare solo la disciplina prevista dalle leggi,ma quando riteneva meritevole di tutela una situazione che non rientrava nelle fattispecie disciplinate dai mores e dalle leggi,provvedeva egli stesso a definire una formulazione giuridica. cio’ lo faceva nei singoli processi,nell’ambito dell’attivita’ cognitiva (fase in iure),ma anche attraverso l’esercizio dello ius edicendi,utilizzando cioe’ l’editto. quest’ultimo era un provvedimento,basato sull’imperium,con cui il pretore esprimeva e comunicava i criteri ai quali egli si sarebbe attenuto nell’esercizio della sua iurisdicitio,ponendo in tal modo i principi giuridici in base ai quali dovevano essere risolte le singole controversie private.
In questo modo accanto allo ius civile si forma lo ius honorarium,costituito dall’attivita’ di coloro che rivestono una carica magistratuale,soprattutto pretorile. nello sviluppo delle fonti del diritto e’ rilevante anche l’opera svolta dai giuristi con la loro attivita’ professionale i cui contenuti possono essere sintetizzati nei tre verbi: respondere,cavere,agere. il primo indica l’attivita’ consultiva su questioni proposte da privati o magistrati;il secondo indica l’attivita’ di predisposizione di schemi contrattuali;il terzo fa riferimento all’assistenza fornita a coloro che intervenivano nel processo come parti.
Tra i giuristi piu’ importanti si possono citare appio claudio cieco,gneo flavio (che divulgo’ i formulari pontificali delle legis actiones),sesto elio (autore dei tripertita,primo testo di giurisprudenza organica che conosciamo),manio manilio.
Repressione criminale
La repressione criminale in epoca remota e’ espressione del diritto sacrale,in quanto il comportamento illecito turba il rapporto tra l’umanita’ e gli dei. chi ha commesso un delitto va condannato perche’ ha violato la pax deorum e come tale ha violato l’interesse dell’intera collettivita’. il compito della punizione e’ attribuito dapprima al re,e poi al magistrato.
I reati minori sono espiati con il piaculum,cioe’ un’offerta di sacrificio. mentre i reati gravi esigono che il reo risponda con la propria persona e pertanto la pena e’ inflitta con la sacratio capitis. in eta’ arcaica e’ il re che provvede in forza del suo imperium. dopo la caduta della monarchia e’ il popolo riunito nei comizi a giudicare i crimini. in prosieguo di tempo ci si rende conto che e’ opportuno che debbano essere degli specialisti a decidere sulla condanna e vengono pertanto istituiti dei tribunali stabili,con giurie presiedute da un magistrato,che svolgono le funzioni dei processi comiziali e sono indicate con il nome di quaestiones perpetue. le quaestiones trattano dei diversi reati e quindi si ha ad esempio la quaestio dei sicariis et veneficiis per giudicare degli omicidi e degli avvelenamenti;la quaestio per duellionis per l’alto tradimento;la quastio falsi contro i falsi pubblici;la quaestio peculatis contro l’appropriazione indebita del denaro pubblico ecc.
Formula:
E’ il provvedimento adottato dal magistrato in base al quale il giudice deve elaborare il suo iudicatum. consiste in una istruzione scritta e rilasciata dal magistrato alla fine del procedimento in iure,ed e’ formalmente diretta al giudice,nominato dalle parti per la decisione della controversia.
La formula e’ l’esposizione schematica del giudizio epsressa in forma di sillogismo: se l’ipotesi che e’ stata prospettata dall’attore e’ vera,allora il giudice dovra’ condannare;altrimenti dovra’ assolvere.
Con il rilascio della formula il magistrato pertanto determinava il compito del giudice.
La formula si apre con la nomina dello iudex e comprende alcune parti che non sempre ricorrono tutte insieme:
La demonstratio,l’intentio,l’adiudicatio,la condemnatio .
La demonstratio consiste nella esposizione del fatto sul quale si fonda la controversia.
Non tutte le formule avevano bisogno della demonstratio.
Essa era necessaria quando l’intentio era generica oppure quando non c’erano elementi sufficienti per consentire al giudice la decisione se condannare o assolvere il convenuto.
L’intentio e’ la parte della formula nella quale sono esposte le pretese giuridiche nei confronti del convenuto.
L’intentio,sulla base di quello che ci tramanda gaio,poteva essere certa o incerta (anche se gaio parla di formula o petitum,certi o incerti).
La prima ricorreva nella rei vindicatio a tutela della proprieta’ e nella tutela di un credito di certa pecunia e certa res. i pretori con i loro editti inserirono anche altre intentiones certe,riguardo fatti ritenuti meritevoli di tutela.
L’intentio incerta era invece indeterminata e doveva necessariamente essere preceduta da una demonstratio che evidenziasse la necessita’ di dare o fare a cui si era sottratto il convenuto. una variante di intentio incerta si ebbe a proposito di quei rapporti basati sulla fides,e si vennero pertanto a distinguere iudicia bonae fidei dagli iudicia stricti iuri,cioe’ fondati sulla stretta osservanza delle norme.
L’adiudicatio con essa viene attribuita dal magistrato al giudice la facolta’ di aggiudicare a ciascun dividente quanto di sua spettanza. si aveva adiudicatio anche nel caso di regolamento di confini. all’adiudicatio si procedeva nei giudizi divisori.
La condemnatio con essa si attribuisce al giudice la facolta’ di condannare o di assolvere il convenuto. in realta’ tale potere e’ nell’imperium del magistrato che esercita la iurisdictio e che ha preventivamente stabilito cosa debba accadere se la verifica dell’ipotesi si sviluppa in un senso o nell’altro.
Le formule parlano sempre di condanna o di assoluzione dal pagare una somma di denaro.
La condemnatio conteneva l’indicazione precisa della somma di denaro quando l’intentio esprimeva la cifra,altrimenti la condemnatio indicava il criterio per determinare la somma.
Se poi l’oggetto della lite non era patrimoniale o non valutabile con precisi parametri,la condemnatio affidava al giudice il potere discrezionale di determinare la somma sulla base del bonum et equum. nelle condemnationes incertae pecuniae,poiche’ il potere discrezionale spettante al giudice poteva diventare eccessivo,il pretore poteva indicare la somma massima. si aveva cosi’ la taxatio,intesa pertanto come limite stabilito dal pretore.
Nelle condemnationes riguardanti azioni intentate contro il pater o contro il dominus di un filius o di un servo,accusato di delitto,il pretore investiva il giudice del potere di condannare il convenuto alla cifra accertata dando la facolta’ al convenuto,se non voleva pagare, di dare a nossa il filius o il servo.
I prudentes si preoccuparono di far si che la condanna rispondesse quanto piu’ possibile alle aspettative dell’attore,che non sempre potevano venire soddisfatte dal pagamento di una somma di denaro. venne pertanto elaborata la clausola della restitutio arbitratu iudiciis in base alla quale il giudice,se la pretesa dell’attore era fondata,emanava il iussum de restituenda. nel caso il convenuto si rifiutasse o rendesse impossibile la restituzione veniva deferito all’attore il quale esrpimeva un giudizio estimatoria sulla cosa.
Parti accidentali della formula:
Le parti accidentali avevano lo scopo di migliorare le circostanze della domanda oppure di rendere inefficace il diritto. esse sono: le praescriptiones e le exceptiones.
Praescriptiones:
Potevano essere pro actore o pro reo. al tempo in cui scrive gaio queste ultime erano istinte. le prime sembrano che servissero a limitare gli effetti della litis contestatio e a determinare meglio la causa petendi. probabilmente questo di praescriptio era utilizzata nelle incertae formulae, nelle quali l’intentio era generica. le praescriptiones pro reo si trasformarono in exceptiones,e sorsero per iniziativa dei pretori quando il convenuto non contestava le affermazioni dell’attore,ma opponeva considerazioni basate su problemi di forma o su circostanze ricavate da giustificazoni etico-sociali.
E’ quindi probabile che il pretore abbia iniziato ad inserire prima della formula in senso stretto queste asserzioni del convenuto. da cio’ il termine praescriptio.
Exceptiones:
L’exceptio era collocata nella formula dopo l’intentio e prima della condemnatio. si aveva l’exceptio quando il convenuto non negava la verita’ dei fatti affermati dall’attore o il fondamento delle pretese giuridiche da questo sostenute,ma opponeva altre circostanze di fatto o di diritto che avrebbero escluso la condanna. con l’exceptio veniva pertanto resa condizionale la condemnatio,nel senso che la formula rilasciata dal magistrato conteneva la descrizione dei fatti,l’indicazione delle pretese giuridiche dell’attore,l’invito al giudice a condannare o meno il convenuto se risultavano veri o meno i fatti o fondate o meno le pretese giuridiche a meno che non fosse vera anche la circostanza di fatto o la situazione di diritto affermata dal convenuto.
Fra le exceptiones una usata piu’ di frequente era la exceptio doli,con la quale il convneuto eccepiva la malfede dell’attore. potevano essere peremptorie o dilatorie,le prime dette anche perpetuae opponibili sempre all’attore,le seconde dette anche temporales opponibili solo entro determinati limiti o contro determinate persone.
L’effetto pratico della distinzione consisteva nel fatto che l’attore,conoscendo l’esistenza di una exceptio perentoria era indotto a non proporre l’azione in quanto si sarebbe esposto ad una sconfitta;conoscendo invece l’esistenza di una exceptio dilatoria,l’attore,prima di produrre l’azione era indotto ad attendere che trascorresse il periodo di tempo dopo il quale l’exceptio non si sarebbe potuta piu’ opporre.
L’attore a sua volta poteva invocare una circostanza con cui senza negare l’esistenza di quella affermata dal convenuto nella exceptio,togliesse a questa efficacia,ed in tal caso chiedeva al magistrato di inserire nella formula una replicatio.
Il convenuto a sua volta poteva opporre un ulteriore fatto con cui contestare la replicatio e quindi in tal modo duplicava l’exceptio,era cioe’ ammesso a fare inserire una duplicatio nella formula.
Tipi di azioni e formule
Al numero limitato e rigido delle legis actiones si contrappone la varieta’ e l’abbondanza delle formule, in quanto a quelle costruite sullo ius civile si aggiungono,per corrispondere alle nuove esigenze sociali ed economiche della societa’ romana in evoluzione quelle create e modificate dal pretore. una prima distinzione importante si ha quindi tra le formule o actiones iuris civilis e formule iuris honorarium. le prime erano quelle preposte alla tutela di un rapporto giuridico riconosciuto dallo ius civile;le seconde erano quelle disposte o create dal pretore a tutela di un rapporto non contemplato dallo ius civile,ma meritevoli di considerazione.
Le actiones honorarie a loro volta possono essere distinte in: actiones utilis,ficticiae,in factum.
Le utiles erano azioni iuris civilis che il pretore,adattandone la formula,applicava a casi non previsti dallo ius civile (es. actio civilis legis aquiliae,concessa dallo ius civile al solo proprietario della cosa danneggiata,ma estesa dal pretore anche all’usufruttuario).
Le actiones ficticiae erano azioni nella cui formula il pretore ordinava al giudice di giudicare,fingendo l’esistenza di un elemento di fatto che in realta’ non sussisteva. (es. l’actio publiciana concessa a colui il quale avendo acquistato una res mancipi con la traditio,era stato spossessato della cosa. egli non avrebbe potuto reagire con la reivindicatio,non essendo giuridicamente proprietario della cosa,ma il pretore con la formula dell’actio publiciana ordinava al giudice di giudicare fingendo che l’attore fosse stato nel possesso della cosa. egli non avrebbe potuto agire con la reivindicatio,non essendo giuridicamente proprietario della cosa,ma il pretore con la formula dell’actio publiciana,ordinava al giudice di giudicare fingendo che l’attore fosse stato nel possesso della cosa per il tempo necessario ad usucapirla. in altri casi il pretore ordinava allo iudex di giudicare fingendo che non si fosse verificata una determinata situazione giuridica).
Le actiones in factum erano azioni concesse dal pretore per un rapporto non contemplato da ius civile e quindi considerate mero rapporto di fatto.
Una seconda distinzione riguarda le actiones in personam,e le actiones in rem.
Attraverso questa distinzione i giuristi romani formulano la differenza tra diritti di obbligazione e diritti reali,che essi concepiscono dal punto di vista processuale.
Le actiones in personam sono quelle date a protezione di un diritto di obbligazione e cioe’ di una pretesa nei confronti di una persona che e’ obbligata nei confronti dell’attore da contratto e da delitto. le actiones in rem sono quelle date a tutela di un diritto soggettivo reale.
Vi erano poi le actiones mixtae,in parte pesonali,in parte reali come le tre azioni divisorie: familiae erciscundae,communi dividundo,fintum regundorium,con le quali erano tutelati i diritti reali e al tempo stesso,attraverso l’adiudicatio il giudice poteva costituire obbligazioni per definire la divisione delle parti.
Un’altra distinzione riguardava le actiones stricti iuris e bonae fidei. con le prime nelle formule venivano indicate le questioni di fatto e le pretese giuridiche oggetto della controversia,alle quali il giudice doveva esclusivamente attenersi. con le seconde la formula del pretore nell’intentio indicava allo iudex di giudicare ex fide bona. in tal modo allo iudex veniva allargata la sfera d’apprezzamento,potendo tener conto dei principi di equita’ e buona fede.
Vi erano poi le actiones arbitrarie che contenevano la clausola arbitraria con le quali il magistrato attribuiva al giudice la facolta’ di rivolgere al convenuto l’ordine di restituire una cosa,evitando la condanna pecuniaria. tali tipi di azione avevano lo scopo di evitare che l’attore ricevesse solamente una forma di denaro;nelle actiones arbitrarie rientravano la reivindicatio,la pauliana,la redhibitoria.
Un’altra distinzione riguardava le azioni riguardanti derivanti da atti illeciti;le quali si distinguevano in reipersecutorie quando perseguivano la reintregazione patrimoniale della perdita causata (restituzione della cosa o indennizzo);poenalis (quando perseguivano il pagamento della poen apecuniaria);mixtae (quando perseguivano l’una e l’altra finalita’).
Il procedimento:
Le fasi del procedimento sono due: fase in iure davanti al magistrato (pretore);fase in iudicio,davanti al giudice scelto dalle parti.
L’introduzione al procedimento si aveva con la vocatio. la presenza del convenuto al processo poteva essere garantita in due modi. con il vadimonium o con la missio in possessionem nei confronti di colui che si rendeva dolosamente contumace.
Con il vadimonium il convenuto si obbligava nella forma della stipulatio a pagare una somma di denaro se non fosse comparso in giudizio.
Il vadimonium poteva anche essere compiuto da un terzo. qualora il convenuto si rifiutasse di prestare il vadimonium o non desse un vindex o comunque non seguisse l’attore,a quest’ultimo il pretore concedeva l’actio penale in factum,con la quale il convenuto poteva essere condannato ad una somma di denaro a titolo di pena.
Quando il convenuto si nascondeva o si rendeva dolosamente condumace il pretore immetteva l’attore nel possesso dei beni del convenuto e dopo quaranto giorni ne autorizzava la vendita.
Comparse le parti davanti al magistrato iniziava la fase in iure. il primo atto era costituito dall’editio actionis,con cui l’attore indicava l’actio con la quale intendeva agire. quindi l’attore rivolgeva al magistrato la postulatio actionis,cioe’ la richiesta della concessione dell’actio. la postulatio poteva essere compiuta anche da un sostituto processuale.
Il convenuto poteva assumere i seguenti comportamenti: a) opporsi alla pretesa; accettare la pretesa avversaria facendo in tal caso la confessio in iure.
In tal caso potevano aversi tre i ipotesi: l’oggetto della controversia era un credito di denaro: il processo si concludeva in quanto la confessio in iure aveva la stessa efficacia di una sentenza di condanna;oggetto costituito da una cosa determinata: se il convenuto procedeva alla restituzione della res,la confessio in iure completava il processo. se invece il convenuto non procedeva alla restituzione il processo continuava e il giudice aveva il compito di determinare il valore della cosa;oggetto incertum il processo proseguiva e il giudice doveva determinare il quantum debeatur.
C) non rispondere senza contestare o confessare: in tal caso il pretore se l’actio era in personam procedeva ductio del convenuto e alla missio in possessionem con eventuale successiva vendita;se l’actio era in rem il magistrato faceva conseguire all’attore il possesso della cosa.
Modalita’ di abbreviazione del processo con lo iusiurandum
Lo ius iurandum era il giuramento che il pretore poteva autorizzare fosse deferito dall’attore al convenuto sulla base di quanto stabilito nel suo editto.
Lo ius iurandum si riferiva all’actio certae creditae pcuniae e poneva il convenuto dinanzi all’alternativa di giurare o pagare. se si rifiutava di giurare seguivano le misure esecutive in quanto veniva considerata senz’altro fondata la pretesa dell’attore. se prestava giuramento,il convenuto non poteva piu’ essere perseguito. questi tuttavia poteva a sua volta riferire il giuramento all’attore,e se l’attore giurava il convenuto era costretto a pagare.
Redazione della formula e litis contestatio
Il processo in iure mirava alla redazione della formula da parte del magistrato e alla designazione del giudice o dei recuperatores. il rilascio della formula veniva compiuto dal magistrato mediante apposito provvedimento che era lo iudicium dare.
Il magistrato perveniva alla datio iudiciis dopo aver esercitato la causa cognitio,e cioe’ la valutazione sommaria degli elementi della causa,stabilendo in particolare se l’azione era o meno meritevole e accertava altresi’ la legittimazione del convenuto.
Alla fine del procedimento in iure aveva luogo la litis contestatio.
Questa era un accordo fra l’attore ed il convenuto sulla formula e attraverso di essa veniva precisata nei suoi esatti confini la controversia da sottoporre al giudice nella successiva fase in iudicio.
Le parti potevano rifiutarsi di accordarsi sulla formula,ma l’attore in questo caso rischiava di rimanere senza tutela ed il convenuto poteva incorrere in sanzioni simili a quelle che avrebbe subito con la condanna.
La litis contestatio aveva un effetto conservativo,in quanto il giudice era chiamato a decidere sulla situazione che si era venuta a creare.
Quest’ultima aveva altresi’ un effetto novativo,nel senso che veniva ad estinguersi il rapporto obbligatorio iuris civilis dedotto nel processo che veniva a trasformarsi in un rapporto processuale;cioe’ il debitore non e’ piu’ tenuto ad adempiere la sua prestazione ex obligatione,ma ex lite contestatione,sottoposta alla condicio iuris della condanna.
Va’ tenuto presente pero’ che tale effetto estintivo era limitato alle obbligazioni dedotte nei iudicia legitima. se invece un’obbligazione iuris civilis veniva dedotta in un iudicium quod imperio continetur,essa non veniva estinta dalla litis contestatio.
Teoricamente il creditore avrebbe potuto dedurla una seconda volta,ma in questo caso pero’ al convenuto veniva concessa l’exceptio rei iudicate. al momento della conclusione della fase in iure il pretore riceve dalle parti l’indicazione della persona che esse gradiscono come giudice o recuperatores. ciascuna delle parti forniva le satis dationes e cioe’ le garanzie richieste per il comportamento presso il giudice e dopo la pronuncia della sentenza.
La procedura davanti al giudice
La procedura in iudicio,che seguiva alla fase in iure,cominciava con l’intimazione a comparire davanti al giudice indicato dalla formula,chiamata comperendinatio.
Il giudice era sottoposto allo iussum iudicandi,alla formula,al magistrato e a chiunque avesse un maius imperium.
Nella fase apud iudicem vi era la discussione tra le parti riguardo cio’ che era stato asserito nella fase in iure.
L’onere della prova circa il fondamento delle pretese spettava all’attore,mentre al convenuto spettava dimostrare i fatti che asseriva impedissero o avessero estinto la pretesa.
Da cio’ si deduce quindi che la prova incombe a colui che asserisce,e non a quello che nega. pertanto se il convenuto solleva un’eccezione,diviene a sua volta attore,cioe’ si assume l’ onere di provare la propria asserzione.
Riguardo i mezzi per provare le asserzioni quintiliano ne elenca alcuni: preiudicia (sentenze precedentemente pronunziate in cause aventi contenuti analoghi);fama atque rumores (fama e voce pubblica circa un determinato fatto);tabulae (documenti scritti);ius iurandum (giuramento).
A questo punto il giudice doveva accertare i fatti: se accertava che la pretesa dell’attore espressa nell’intentio fosse fondata,invitava il convenuto alla restitutio o alla numeratio. se l’adempimento non seguiva,si aveva la pronuncia di condanna. se invece l’intentio non risultava fondata il giudice pronunciava sentenza di assoluzione.
Il giudice poteva inoltre giurare res sibi non liquere,cioe’ nel caso in cui la causa non fosse chiara,poteva farsi sostituire.
La struttura della sentenza doveva essere abbastanza breve come la formula,e mostra come il giudice non avesse alcun potere di condannare l’attore,ma avesse solo quello di condannare o assolvere il convenuto. la sentenza presentava inoltre determinati effetti:
Innanzi tutto il primo effetto riguardava la decisione della lite,che si presentava immutabile;un secondo effetto era quello novativo,che la litis contestatio produce,impedendo la ripresentazione della domanda per una revisione;altro effetto della sentenza riguardava la nascita dell’obligatio iudicati (onoraria e non civile per gli iudicia imperio continentia),cioe’ dell’obbligo di dare esecuzione al giudicato,fatto valere con l’actio iudicati.
La sentenza formulare era dunque definitiva non appena pronunciata e dava luogo all’auctoritas rei iudicatae.
Contro il convenuto soccombente nell’actio iudicati,e quindi condannato in duplum,l’attore poteva chiedere al magistrato l’esecuzione forzata. oltre l’actio iudicati l’attore poteva disporre delle garanzie che il convenuto gli aveva concesso con la satisdatio pro praede de litis et vindiciarum o con la satisdatio iudicatum solvi. tali satisdationes erano date da sponsores contro i quali l’attore poteva agire autonomamente.
L’esecuzione della sentenza
Il condannato che,convenuto con l’actio iudicati davanti al magistrato non eseguisse il pagamento e non contestasse la validita’ del giudicato,era sottoposto all’esecuzione che poteva essere o sulla persona o sui suoi beni.
L’esecuzione sui beni veniva compiuta con la bonorum venditio,cioe’ con la vendita in blocco di tutto il patrimonio.
Con la bonorum venditio il debitore risultava del tutto espropriato a subire il marchio di infamia. la bonorum venditio dava luogo ad un’asta e il bonorum emptor,cioe’ colui che si aggiudicava l’asta era tenuto a soddisfare i creditori.
Il debitore insolvente poteva evitare la bonorum venditio,e quindi l’infamia,procedendo alla cessio bonorum,cioe’ abbandonando i beni al creditore.
La manus iniectio,istituto tipico delle legis actiones,fu sostituita dalla ductio,istituto questo in base quale il condannato inadempiente rimaneva cittadino libero ma era soggetto all’attore che se ne serviva in attesa che qualcuno pagasse per lui. si ritiene anche che il condannato dectus avrebbe potuto con il proprio lavoro ripagare la somma della condanna.
Altri poteri del magistrato
Il magistrato oltre alla funzione di la giustizia aveva il potere di emettere provvedimenti in via d’urgenza di carattere interinale.
Questi poteri erano rappresentati dagli interdicta;dalle restitutiones in integrum;dalla missio in possessionem,dalle stipulationes praetorie.
Gli interdicta erano ordini che dovevano essere eseguiti.in mancanza di ottemperanza erano coercibili con l’intervento dei littori. erano di 3 tipi: proibitivi,quando si rendevano necessari per contrastare un comportamento violento;ordinatori quando era necessario ristabilire un dato stato di fatto;esibitori quando era necessario che qualcuno esibisse cio’ che fosse presso di se’. gli interdicta che dapprima erano interventi urgenti del pretore,man mano si modellarono su schemi edittali, e si svilupparono acitiones ex interdicto a seguito della promozione delle quali si svolgevano veri e propri processi. secondo la dottrina i primi interdicta furono concessi per tutelare i possessori dell’ager publicus,i quali,se spossessati non avrebbero potuto agire con la reivindicatio. successivamente gli interdicta coprirono anche i possessori di beni privati. gli interdicta erano utilizzati anche per la missio in possessionem e la bonorum venditio quando il creditore segnalava un comportamento fraudolento del debitore inteso a sottrarsi all’esecuzione forzata.
Le in integrum restitutiones erano i mezzi con cui si ripristinava la situazione soggettiva della persona che agiva in giudizio. era il caso ad esempio di chi aveva concluso un negozio sotto minaccia,o in caso di minore senza l’intervento del tutotre. la missio in possessionem era l’autorizzazione ad immettersi nel possesso dei beni del debitore inadempiente. in primo luogo era concessa nei confronti di chi non avesse ottemperato alla sentenza. poteva essere inoltre concessa anche in via cautelare,e cioe’ quando l’attore sosteneva la necessita’ che non venissero le garanzie patrimoniali in attesa della celebrazione del processo. il beneficiario del provvedimento non diventava giuridicamente possessore e quindi non poteva usucapire i beni,salvo in casi eccezionali.
Le procedure extra ordinem
Con il termine di extraordinario cognitio,o procedura extra ordinem si designa il processo che non e’ diviso nelle due fasi in iure e in iudicio come nell’ordo iudiciorum privatorum,ma che si sovlge interamente,dall’inizio sino alla sentenza conclusiva,avanti al magistrato,il quale pronunzia la decisione. tale procedure era di norma applicata nelle province, ma gia’ a partire dal dal i secolo a.c. anche a roma e in italia si applicava la procedura extra ordinem nelle controversie tra privati in determinate materie quali i fidecommessi,gli alimenti tra congiunti,gli onorari per professione.
Tale procedura era altresi’ quella attuata per la vindicatio caducorum,e cioe’ le cause intentate dall’erario per appropriarsi dei beni rimasti liberi a seguito della morte di celibi e orbi,in quanto le leggi matrimoniali emanate da augusto avevano in tal modo punito chi fosse rimasto celibe o senza figli.
La procedura extra ordinem pian piano si estendera’ fino a soppiantare il processo formulare.
Il termine con cui si indica la facolta’ da parte del privato di adire al magistrato non e’ actio ma persecutio. tali processi vengono definiti condictiones extra ordinem,ed il termine condicito sta ad indicare l’ampia facolta’ di indagine attribuita al magistrato. i poteri del magistrato sono ampi anche nella decisione,non trovandosi egli nella condizione in cui si trovava lo iudex nel processo formulare,il quale era vincolato alla formula.
L’estendersi della procedura extra ordinem,provoco’ la creazione di numerosi funzionari di nomina imperiale.
Tale evoluzione va’ di pari passo con l’affermarsi dell’autorita’ imperiale. e’ con augusto infatti che viene promulgata la legge che istituisce la cognitio imperiale,e cioe’ il potere del principe di trattare processi e pronunciare sentenze,autorita’ questa che il principe delega a magistrati da lui nominati. poiche’ il principe fu ben presto considerato anche giudice,si instauro’ la prassi che gli si potesse chiedere di rivedere il processo con un giudizio di ii grado. nel processo formulare non era ammessa alcuna forma di revisione o appello. il pretore poteva eventualmente operare una restitutio in integrum quando ne ricorressero le situazioni,ponendo quindi le parti nella situazione precedente al processo.
Con lo sviluppo della procedura extra ordinem e con la progressiva scomparsa dello iudex privatus,sorse l’istituto dell’impugnativa della sentenza,nel senso che la parte soccombente poteva rivolgersi al magistrato di rango superiore per la revisione della sentenza di primo grado.
Il giudizio d’appello
I giudizi d’appello furono ammessi per le cognitiones non imperiali e per i processi formulari (le cognitiones imperiali,cioe’ giudicate dall’imperatore o da un suo delegato costituivano espressione dell’imperium,e quindi implicitamente erano inappellabili.)
Nell’appello delle sentenze emesse con la procedura formulare il magistrato di secondo grado non giudicava sulla sentenza di primo grado,ma sul rapporto controverso,e quindi non si aveva revisione sul primo processo,ma se ne celebrava uno nuovo. per quanto riguarda invece le cognitiones,l’appello riguardava invece proprio la sentenza,in quanto il presupposto dell’appello stesso era che il giudicante avesse sbagliato. cio’ determino’ la necessita’ di costituire un vero e proprio tribunale imperiale con una gerarchia di magistrati-funzionari i cui vertici erano costituiti dal praefectus urbi e dal praefectus praetorio. le sentenze pronunziate in grado d’appello erano rese con un atto imperiale denominato decretum. in questo modo si creo’ anche una giurisprudenza uniforme.
Le persone e la famiglia
Il periodo che va dal ii secolo a.c. al iii secolo dopo cristo,e’ caratterizzato da un’importante evoluzione economica,ad opera dell’ingente lavoro dei servi,e grazie alle numerose conquiste territoriali,che resero roma sempre piu’ grande e piu’ potente agli occhi degli altri popoli.
I servi,come gia’ detto a suo tempo nel periodo arcaico,erano considerati delle res mancipi la cui titolarita’ apparteneva al dominus. con il proseguire del tempo la posizione del servo subi’ peraltro importanti evoluzioni.
Piu che una res,il servo ando’ pian piano assimilandosi alla figura di un animale che parla ed usa il proprio raziocinio,e come tale poteva essere utilizzato non solo come strumento passivo,ma come gestore,se non addirittura creatore di attivita’ negoziali.
Ai servi e ai figli alieni iuris subiecti fu infatti concesso il peculium, termine questo che,secondo la definizione di ulpiano sta ad indicare “una piccola somma o un piccolo patrimonio” di cui i servi ed i figli ne possedevano la piu’ piena disponiiblita’,senza particolari vincoli di godimento.
La costituzione del peculium consentiva infatti facolta’ di godimento e di gestione,nonche’ di alienazione di estinzione dei diritti in esso compresi.
Poteva essere oggetto del peculium qualsiasi bene,diritto patrimoniale,e vi potevano essere compresi anche i servi,per distinguerli dal titolare,con l’aggettivo di vicarii.
Secondo lo ius civile,gli acquisti degli alieno iuris subiecti,andavano ad implementare direttamente il patrimonio del pater o del dominus,o con la costituzione del peculium,divenivano parte di questo;mentre se i sottoposti si indebitavano l’esercente della potesta’ non ne rispondeva.
L’actio de peculio:
Mediante l’actio de peculio si fece si che i creditori potessero chiedere l’esazione dei prori crediti nei limiti dell’ammontare del peculio. se questo fosse stato pero’ insufficiente,l’azione poteva essere estesa nei limiti dell’arricchimento che il pater o il dominus avesse tratto dall’affare del figlio o del servo.
Pertanto l’attore avrebbe potuto ottenere una condanna anche del pater o del dominus.
Actio tributoria:
Con l’actio tributoria i creditori che ritennessero di avere avuto di meno potevano chiedere al pretore di ristabilire la parita’.
L’actio exercitoria e institoria:
L’actio exercitoria o insitoria veniva intentata nel caso in cui l’attivita’ svolta dai servi o dai figli fosse ricondotta direttamente alla volonta’ del pater o del dominus.
Cio’ accadeva se il figlio o il servo erano stati preposti al comando di una nave per la conduzione di un’impresa marittima;oppure come institori alla conduzione di un’impresa di terra;oppure se erano stati incaricati di una determinata attivita’ in forza di un comando (iussum).
In queste situazioni il pretore poteva concedere pertanto sia l’actio exercitoria e insitoria,che l’actio quod iussu,attraverso le quali si procedeva contro il pater o il dominus per l’intero.
Riguardo ai delitti privati commessi dai sottoposti (furto,danneggiamento),la responsabilita’,secondo lo ius ciivle era rimessa totalmente al pater o al dominus,i quali dovevano rispondere dei fatti a meno che non intendessero liberarsi con la noxae datio dell’autore materiale del fatto.